domenica 28 febbraio 2016

La cucina del paese mio

La cucina italiana spopola nel mondo e il segreto sta nel fatto che non esiste una vera e propria cucina italiana, ma tante cucine locali, che ricche di prodotti genuini e tecniche secolari tramandate dalle passate generazioni, tutte assieme, contribuiscono a fare dell'Italia il Paese dell'eccellenza gastronomica. 
Dovunque capiti si mangia che è una meraviglia e ti portano prodotti locali tipici di cui ogni regione italiana è provvista.
Come avrete capito, la cucina  è storia, arte,  tradizioni, specchio delle condizioni sociali ed economiche di un luogo.
Il cibo è gusto, cultura, buonumore e contribuisce a mantenere salda l'identità di un territorio che trae dalla sua terra una delle sue principali fonti di economia e di turismo.
La Puglia è vasta e generosa e così la sua cucina si differenzia, a seconda se ti fermi a mangiare in un posto di mare, anziché di montagna. 
A Sant'Agata di Puglia, mio paese di nascita, la cucina è molto apprezzata e richiama turisti domenicali dai paesi limitrofi che fanno decine di chilometri in macchina per ossigenarsi i polmoni di "aria fina" del nostro incantevole paese posto su un'altura di 800 metri e farsi na bòna mangèta a base di cibi tutti genuini: pasta scrupolosamente fatta a mano: arecchietèlle, troccoli, fusilli, lagane, al sugo di carne o con le verdure di campo che qui abbondano e i secondi a base di agnello o maiale, abbinati a lampascioni, a funghi cardoncelli, agli asparagi selvatici che sono la ghiottoneria del luogo e li puoi trovare in quasi ogni periodo dell'anno.
La nostra cucina, grazie alla sua semplicità, riesce a conquistare anche i palati più sensibili, ricorda i sapori antichi di gente umile e povera che faceva del cibo, non solo una prima necessità, ma lo trasformava in una sorta di veicolo per incrementare l’attaccamento alla propria comunitàalla propria famigliaalla propria terra. 
Un fratello di mio nonno, zio Vito, venne dagli Stati Uniti col solo desiderio di "pènecuótt"; il pancotto era appunto il mangiare dei poveri, fatto di avanzi di pane e verdure raccolte dal cafóne, di ritorno dalla campagna.
piatti locali tipici santagatesi sono  ancora oggi presenti nelle usanze a tavola  e non solo nelle sagre annuali ce ne sono di svariati tipi che vanno dagli antipasti ai dolci

prodotti che non possono mancare a tavola per il santagatese:
Il pane.                                                                                                          Nella gastronomia locale un cardine fondamentale è il pane, ru ppène, delle panelle dalla forma particolare, soffici e friabili che ricordano il panettone a Natale. Il santagatese senza il pane non sa proprio mangiare.
I condimenti.
Origano (aréhena), olio nostrano, acìte (aceto di vino), peperoncino piccante.
La verdura.                                                                                                        La verdura è un altro elemento predominante della cucina santagatese. Cecòria, marasciùne, tàrre, spógne, catalògna, scaròla, rape, vruòcchele, cucuzzièrre trovano sempre posto a tavola. La verdura coltivata o, ancora meglio, quella selvatica costituiva spesso il piatto giornaliero del santagatese che la mangiava "a menestra", con la pasta fatta in casa o nel pancotto (pènecuótte). 
La pasta.
La pasta, fatta in casa dalle nostre donne, è un'altra specialità delle mie parti ed è un'arte. Impastano a mano sulla spianatora (lu tumbàgne) e ne escono: fusìrre ( fusilli), aricchietèlle (orecchiette), tagliariérre (tagliatelle), làhene (lasagne), strascenète (pasta appiattita), cecatiérre (pasta cavata con un dito solo), truócchele (troccoli), e poi ancora "stuhalètt", "frìvele", lahanèrre" ecc.. Quella ormai quasi scomparsa è la pasta fatta con farina di "grano arso", ottenutadal grano scampato alla falce dei mietitoriche dopo la bruciatura delle stoppiebattevano a terra e raccoglievano le spighe rimaste.
I secondi 
La fanno da padrone piatti a base di maiale e d'agnello, contornati di lampascioni, funghi cardoncelli, asparagi selvatici. Immancabili sono: salzìcchie, chèpecuórre, presùtte, chèsecavàrre, recòtta fresca e recòtta tosta, mozzarella, burrate.

I dolci.
Scaldatelli, taralli i al vino, pizza con la ricotta, pastarelle ripiene di marmellata, péttole,  "susumelli" a Natale e "pupe" e pastiere a Pasqua.
Vino.
Il vino santagatese, altrimenti detto " lu gnòstre " è solo "nero" (rosso).    I più rinomati : vino delle "Cesìne" , della "Bastìa", della "Liscia", di "Ghizzoli".




domenica 21 febbraio 2016

Umberto Eco: un grande uomo, un grande italiano.

Umberto Eco ci ha appena lasciato ed è una grave perdita per la cultura italiana. Tutti lo conosciamo come autore de "Il nome della rosa", libro che ha venduto oltre 30 milioni di copie ed è stato tradotto in quasi 50 lingue, ma Umberto Eco non era solo uno scrittore fantastico che ha incantato milioni di lettori in tutto il mondo; egli è stato molte cose insieme. Egli è stato un curioso perenne, un indagatore scrupoloso dei cambiamenti della società e della politica, un esperto dei media e dei linguaggi. Dobbiamo ricordarlo come un innovatore, un educatore che ha saputo parlare alle nuove generazioni avvicinandole all’arte, alla letteratura, alle scienze sociali, alla filosofia. La filosofia ci aiuta a capire e spiegare perché "nessuno nasce clandestino, mentre tutti nascono umani."
In un un mondo in continuo conflitto per questioni di politica, di religione e di razza, Eco era convinto che la conoscenza reciproca delle culture dei paesi possa costituire un elemento di salvezza. Una delle frasi che amava ripetere era : "Lascia parlare il tuo cuore, interroga i volti, non ascoltare le lingue" . 
Umberto Eco è stato un grande ambasciatore dell'Italia nel mondo,
uno degli intellettuali italiani più noti nel panorama internazionale; tuttavia i saggi e gli studi dedicati alla sua opera, in Italia, sono ancora troppo pochi per darne un giudizio completo sulla sua grandezza e, nella maggior parte dei casi, destinati esclusivamente a studiosi e critici
Un domani si capirà come il pensiero di Eco sia stato uno strumento indispensabile per comprendere la società contemporanea. 
Ci lascia l'insegnamento dell'importanza del pensiero, " il pensiero filosofico, è quello che distingue gli uomini dagli animali", l'importanza del pensiero per capire il proprio tempo; per capire il mondo.
Un peccato che non abbia mai ricevuto il Nobel, ma questo non sminuisce la sua grandezza.
Umberto Eco era un esempio straordinario di intellettuale che sapeva unire la sua immensa cultura del passato con la capacità unica di anticipare il futuro. 
Umberto Eco era un grandissimo, ma purtroppo, come sempre succede, la grandezza delle persone la si scorge quando non ci sono più e  infatti proprio lui ci diceva che "la presenza sminuisce la fama, mentre la lontananza l'accresce".
È morto un grande uomo, un grande italiano.





lunedì 1 febbraio 2016

LAMBASCIONI

IL NOME
Il nome scientifico è  "Muscari Comosum ", chiamati con nomi diversi: Cepurrine. Lambasciùne, cipuddhizzi, cipulline, boussela (Marocco), cipollaio, vampasciule, cipulluzz, cipuddrini, pampasciuni, bombe di Beirut, cipollini, a bombarazza, cippidduzzi, cupullizzi ecc..
LA STORIA
Erano conosciuti già da Egizi, Greci e Romani. Plinio il Giovane e Ovidio ne andavano matti per le loro proprietà benefiche. Oggi sono un prodotto proprio del Sud d'Italia e della Zona del foggiano 
(la Daunia) ed è da molti chiamato "il viagra del Sud".

LE PROPRIETÀ
Contengono potassio, calcio, fosforo, ferro, rame, manganese e magnesio, vitamine e sali minerali, e una quantità consistente di acqua e fibre.
Oltre ad un basso apporto calorico (ideale dunque per mantenere la linea), possiedono proprietà diuretiche, lassative, antinfiammatorie, antimicrobiche ed emollienti. Inoltre, contribuiscono a diminuire la pressione sanguigna e la percentuale di grassi nel sangue, aumentano l’appetito e stimolano la digestione. Dicono che stimolino la sessualità.
LE RICETTE
Bolliti e trattati con acqua e aceto, perdono l'amaro e possono essere conservati in barattoli, sott'olio.                                                                  I modi di cucinarli sono molteplici, ma il più utilizzato nella Daunia è il ruoto al forno di agnello coi lampascioni. Buoni pure dorati e fritti, nel padellino con le uova.


N. B. In caso di problemi di meteorismo, basta allontanarsi dagli altri con una scusa.
Buona vita! 
Maestrocastello