venerdì 28 novembre 2014

Sindaco a costo zero.

L’archeologo oggi è condannato ad uno stato di precarietà, la sua professionalità continuamente mortificata, la sua passione calpestata.
Pur se riconosciuta formalmente, è noto che la sua figura in Italia al momento non gode di nessuna forma di tutela lavorativa e non ha ancora il riconoscimento della sua identità professionale. 
Sembra assurdo che il Paese con il maggior patrimonio artistico mondiale impieghi appena settemila tra archeologi ed esperti di restauro e conservazione e tutte queste potenzialità, specie in un momento di crisi come quello attuale, vengono gettate alle ortiche.
La politica, a chiacchiere, dice di aver la volontà di far ripartire il Paese, creando opportunità di lavoro per i giovani; ma nella pratica fa tutto il contrario.
È successo col sindaco di Roma, Ignazio Marino, che ieri ha annunciato un accordo con l’Enel per lo studio e la catalogazione dei reperti archeologici in deposito presso il Comune di Roma che verranno imballati e spediti in America, per poi essere restituiti alla città classificati e catalogati, pronti per essere esposti nei musei capitolini. "Un lavoro - dice Marino, sindaco di sinistra - a costo zero”.
Figuriamoci in Italia, dove a mancare non sono né figure professionali di eccellenza, né competenze scientifiche, né “tecnologie all’avanguardia”; ma piuttosto politiche culturali adeguate, riconoscimenti professionali e investimenti significativi. Che senso ha formare a spese pubbliche studiosi e professionisti ai più alti livelli con lauree, specializzazioni e dottorati, per poi lasciarli disoccupati o costringerli a espatriare, mentre si affidano all’estero lo studio e la valorizzazione del patrimonio culturale del nostro Paese?
Che significa "a costo zero" se il costo è zero a pagarlo sono i nostri archeologi disoccupati?
I reperti andranno dunque negli Stati Uniti, dove saranno studiati da ricercatori internazionali, la maggioranza dei quali si è probabilmente formata e specializzata in Italia; molti di essi saranno anzi certamente italiani espatriati per mancanza di opportunità qui da noi.
Con questo accordo il sindaco di Roma Ignazio Marino si è comportato come un industrialotto qualsiasi, desideroso solo di risparmio; non da sindaco di una grande città, che opera per il bene della comunità che amministra. Sbandierando con orgoglio la delocalizzazione del nostro patrimonio storico ha umiliato le centinaia di giovani lavoratori iperspecializzati che magari lo hanno anche votato.

domenica 16 novembre 2014

La guerra dei nostri nonni.

Sono contento che in questo periodo si parli finalmente anche del Primo Conflitto Mondiale o Grande Guerra che sul fronte italiano fu una terribile carneficina, in cui persero la vita più di un milione fra militari e civili, ma se consideriamo i morti, i feriti e i mutilati su base mondiale; arriviamo all'incredibile cifra di 37 milioni: un'ecatombe che spazzò via quasi un'intera generazione. La grande guerra non ha eroi, i protagonisti non sono re, imperatori o generali; ma sono fanti contadini: i nostri nonni, chiamati a difendere la terra italiana, palmo a palmo ed è quello che fecero, mettendo a rischio la vita. In tanti non tornarono e i superstiti, al ritorno, fecero racconti allucinati: il freddo, la fame, malattie letali (tifo, colera, influenza spagnola); avevano sconvolto le nostre truppe più della mitraglia e gas nemici. Oggi la prima guerra Mondiale sembra un fatto che non appartiene alla nostra memoria e non ci sono più fanti a raccontare. L'ultimo, Carlo Orelli, se n'è andato a 110 anni, nel 2005. La memoria della grande Guerra sembra spenta per sempre. Ora, però, è affidata a noi. Sta a noi figli, nipoti e pronipoti, recuperare le loro storie e raccontarle ai nostri ragazzi. I loro sacrifici possono aiutarci a ricordare chi erano i nostri nonni, di quale forza morale furono capaci e quale straordinario patrimonio ci hanno lasciato e che noi portiamo dentro. Nel Museo Storico di Trento e nel Museo della Guerra di Rovereto sono conservati i diari dei soldati semplici che raccontano storie che colgono ogni aspetto di quella terribile guerra e che Aldo Cazzullo, inviato ed editorialista del Corriere della Sera, ha raccolto in un libro fresco di stampa dal titolo: “La guerra dei nostri nonni”. Ogni tanto mi piacerà estrapolare qualcuna di queste storie, per darci l'idea di cosa sia stata la Grande Guerra; come questa :
“ Sul Piave il nonno fu fatto prigioniero, durante un contrattacco. Le condizioni dei prigionieri nella prima guerra mondiale erano molto più dure che nella seconda. L'Austria era alla fame. Non avevano pane i borghesi di Vienna; figurarsi i prigionieri italiani. Il nonno raccontava con affetto del custode del campo di prigionia, un austriaco, padre di famiglia, che ogni tanto sollevava la rete per consentire a quei ragazzi di diciott'anni, affamatissimi, che avrebbero potuto essere i suoi figli, di andare a raccogliere le patate lì vicino, con l'impegno di tornare prima di sera.”
La guerra era anche questo.
Buona vita!




giovedì 13 novembre 2014

Il fatto non sussiste.



Più volte nelle ultime settimane abbiamo ascoltato sentenze che hanno prosciolto tutti gli imputati con questa formula assolutoria: " Tutti assolti perchè il fatto non sussiste", scatenando rabbia e indignazione nella gente comune. Vedi il caso di Stefano Cucchi e, ancora più eclatante, nessuna responsabilità riconosciuta ai tecnici per i crolli del terremoto a L'Aquila. Ma che significa che il fatto non sussiste? In parole molto povere significa che il fatto non sta in piedi. Viene anche definito assoluzione con formula ampia, perché significa che il fatto addebitato all'imputato o agli imputati non è avvenuto o non può essere minimamente provato. Il danno c'è, ma manca il colpevole. Si potrebbe rispondere prendendo in prestito il titolo di una commedia di Pirandello alla domanda: Allora, chi è stato? : "uno, nessuno e centomila". Tutti e nessuno.
Insomma, stando a questa tesi, Cucchi sarebbe ancora vivo e a L'Aquila non ci sarebbe stato alcun crollo e, di conseguenza, alcuna vittima. Queste sentenze sono un insulto per le povere vittime e le loro famiglie che si sentono così vittime due volte: prima del terremoto ed ora di uno Sato incapace di garantire giustizia. Non va bene che lo Stato protegga se stesso, perde di fiducia e credibilità; va sempre punito chi contravviene alla legge, che si tratti di cittadini comuni o agenti dello Stato, non dovrebbe fare differenza.
Buona vita!


sabato 1 novembre 2014

zucchevuote.

La fine di ottobre coincide con Halloween, una festa che non ci appartiene, ma si sta radicando nelle nostre abitudini al pari di San Valentino o il Carnevale. Ieri sera, quanti di noi, e non solo bambini, sono andati in giro per locali a fare scherzi. Su web e social network sono state montate ad arte vere e proprie battaglie ideologiche : “Halloween sì-Halloween no”. Noi cristiani che, a volte, non ci indigniamo per questioni serie che riguardano la nostra fede, come la presenza del crocifisso nelle aule scolastiche o lo sdoganamento della bestemmia in TV; poi ci facciamo coinvolgere in questioni secondarie, come Halloween e vediamo questa festa pagana addirittura in contrapposizione alla nostra festività dei Ognissanti ed alla ricorrenza dei defunti. Invece di indignarci, dovremmo riscoprire la preziosa qualità del buon senso. Invece  di vedere le zucche vuote come l'anticamera di atti satanici ed esercizi di stregoneria; dovremmo vederla  invece come una ulteriore festa commerciale che diventa occasione per una serata di divertimento e l'occasione per portare un guadagno a tanti commercianti in tempo di crisi. Il buon senso dovrebbe portarci a riflettere che Halloween, in quanto a minaccia di evocare morte e paura coi suoi simboli, non è superiore alle letture ed i film horror che guardano giornalmente i nostri figli. E la Befana, a questo punto,  non è anch'essa una strega? Il buon senso deve farci capire che Halloween è e deve restare una festa commerciale, pericolosa quanto le altre feste commerciali, da non contrapporre alle feste religiose; altrimenti si corre il rischio di svilire la festa di Ognissanti e la Commemorazione dei morti che hanno un valore in sè e per sè. Bisogna imparare ad affermare la propria identità cristiania non per contrappunto e non demonizzando chi la pensa in modo diverso, in quello spirito di dialogo coi non credenti predicato dalla Chiesa. Il cristiano festeggi Ognissanti e commemori i defunti e che le zucche vuote restino vuote; altrimenti saremo proprio noi a riempirle di significato.
Buona vita!
maestrocastello