mercoledì 25 dicembre 2013

Natale è amore.

La mia attenzione è fissa su questa bella immagine che racchiude il significato profondo della festa di oggi. Una nascita che simbolizza l'amore, sentimento sublime su cui si regge il mondo. Se non esistesse l'amore, non avrebbe senso campare. Il Natale è la simbolizzazione dell'amore divino che non può prescindere dall'amore terreno, l'amore verso Dio si realizza attraverso l'amore verso gli uomini che il Vangelo chiama “prossimo”. Quando diciamo “Buon Natale!”, invitiamo a compiere atti d'amore. E' facile e naturale compiere questi gesti verso chi già si vuole bene, il vero merito sta nell'estenderlo anche agli altri, allargarlo verso l'umanità sofferente, verso chi sta peggio di noi. “Natale con i tuoi”, usiamo dire, e quando facciamo la bella tavolata in famiglia, creiamo un magico momento che aspettavamo da un anno; insieme al cibo, veicola sul tavolo anche l'amore che proviamo uno per l'altro e lo traduciamo meglio con i regali sotto l'albero. “Aggiungi un posto a tavola” deve essere la nuova pratica d amore, la filosofia dell'attenzione verso l'altro (e non solo a Natale) deve diventare la regola di una vita coinvolgente. Impariamo a riempire le parole di significato, quando diciamo: “Buon Natale!”, l'altro dovrà tradurlo senza equivoci in : “Ti voglio bene!” Diamo il libero accesso al nostro cuore e sarà davvero un grande Natale
Buona vita e Buon Natale a tutti i lettori di maestrocastello!

venerdì 20 dicembre 2013

Letterina a Babbo Natale.

Ciao, Babbo Natale.
Tu sei una bella invenzione a cui ricorriamo noi grandi per illudere i nostri bambini che, a Natale, i regali è come se piovessero dal cielo e non frutto del nostro lavoro. Forse è per il fatto che non riusciamo più a sognare e non desideriamo che smettano di farlo anche i nostri figli. Sarà forse questo il motivo per cui un genitore, un mese prima del Natale, si ritaglia una mezz'ora di tempo per scriverti lettere insieme ai propri bambini e dirigere le loro richieste di regali in base alle proprie possibilità economiche e sarà anche per questo che un genitore s'indigna quando la maestra del figlio decide di rivelargli che Babbo Natale non esiste. Da piccolo, quando ero al paese, si scriveva la letterina direttamente ai genitori e la si metteva sotto il piatto del papà, durante il pranzo di Natale. Forse era perché tu ancora non esistevi oppure perché allora era più dura di adesso e non si poteva credere alle favole. Ricordo che dopo tante insistenze tua madre ti dava le dieci lire per comprare la letterina che aveva un disegno natalizio ricamato di porporina d'oro e d'argento che sfarinava dappertutto e tu la tenevi gelosamente nascosta a tuo padre. Il testo lo inventavi o col maestro o assieme alla mamma: sempre le solite promesse mai mantenute: di essere buono e più studioso. Il problema era scriverle sul foglio con la porporina quelle promesse, foglio faticosamente “comprato”, “unico” e “costato dieci lire”. Non riuscivi mai senza fare sbagli! Allora non c'era la penna a biro e scrivevamo col pennino intinto all'inchiostro ed era praticamente impossibile non fare macchie sul foglio. Facevi tante prove su fogli strappati nascostamente dal quaderno e, finalmente, passavi alla letterina vera e propria. Il prodotto non era mai all'altezza, ma tuo padre avrebbe comunque apprezzato il tuo gesto, lui avrebbe versato un lacrimone e tu avresti recuperato le dieci lire della lettera. Dice, cosa si mangiava a Natale? Si mangiava! Ma lasciamo stare, che quelli erano proprio altri tempi! Dopo mezzo secolo, caro Papà Natale, torno a scrivere quella letterina natalizia e non potendola più mettere sotto il piatto del mio papà (pace all'anima sua); la invio direttamente a te, come fanno i bambini. Tu sei un'invenzione collettiva e mi rivolgo a te, per non rivolgermi agli altri. Non ho richieste particolari per me, che mi ritengo assai fortunato di avere di che vivere e non mi manca l'affetto dei miei cari; faccio richieste per tutti quelli che non se la passano tanto bene: le persone anziane abbandonate, allettate, quelle che hanno scelto la strada, quelle ammucchiate in posti di prima accoglienza, denudati e vilipesi nella propria dignità, gente relegata ai margini della nostra società, quelli che la vita s'è scordato di loro. Molti di noi si lamentano solo perché non possono tenere lo stesso tenore di vita di prima, dimenticandosi dei padri di famiglia che hanno perso il posto di lavoro a cinquant'anni. Caro Babbo, vorrei tanto che il Natale non fosse solo coreografia e “volemose bene” detto a parole, il miglior regalo non sono i beni di consumo, che uno se ne può anche fare a meno; tanti desiderano la nostra attenzione, un saluto, un semplice sorriso. Un'ora di compagnia ad un anziano è il più bel regalo che gli si possa fare a Natale. Le luci più belle saranno i sorrisi che riusciremo ad accendere sul volto della gente.

Buona vita e Buon Natale a tutti!

lunedì 16 dicembre 2013

Forconi e forchette.

Siamo alla fatidica settimana della tredicesima che un tempo era motivo di gioia, ora rappresenta una mezza boccata d'ossigeno per le famiglie italiane, quelle che ancora conservano questo privilegio: tra pranzo di Natale, cenone e regaletti (se pur risicati), bollette di fine anno, IMU, AMA, canone Rai e quant'altro; si fa presto ad esaurirsi questa tanto attesa flebo di fine anno. La gente in queste ore protesta e ne ha tutte le ragioni: la pressione fiscale eccessiva affama le famiglie, uccide le imprese e non permette spiragli di crescita a questo Paese. Alle soglie del tremila, non si può continuare a morire di Equitalia e la politica che in questi casi non rimane mai a guardare, cavalca questa protesta per volgerla a proprio vantaggio, continuando nelle promesse che poi non mantiene. Nuova legge elettorale, abolire il finanziamento pubblico ai partiti, riduzione del numero dei parlamentari e del costo della politica; quante volte abbiamo sentito ventilare queste cose nei mesi e negli anni trascorsi? Tutti lo dicono e nessuno lo fa. Perché? In realtà siamo governati da porci, sì, proprio porci e lo dico per un duplice motivo: perché figli del “porcellum”e in quanto mangiano come porci (le forchette!). Dalle mie parti si dice: “chi amministra, amminestra”. La settimana passata Renzi-Fonzi l'ha spuntata per la segreteria del PD e il fatto che tanta gente, se pur non iscritta a questo partito, sia andata comunque a votarlo, sta ad indicare la voglia di tanti di vedere all'opera qualcuno con le palle,uno che esca dagli schieramenti preconcetti dei partiti e si adoperi veramente per il Paese, qualcuno che alle parole faccia seguire finalmente i fatti. Ce la farà questo loquace toscano dalla grande autostima a sfondare i muri di gomma, fatto da “giornalisti smagati, burocrati inaffondabili e politici inafferrabili”, che il Palazzo romano erige ogni qual volta si presenta qualcuno intenzionato a cambiare le cose? Nutro forti dubbi, ma penso anche che sarebbe finalmente l'ora che questo avvenga e credo anche che quando smetteremo di sognare solamente una vita più giusta e dignitosa per tutti; allora sarà veramente Natale.
Buona vita!

venerdì 13 dicembre 2013

Giocattoli superflui.

In alcune zone del nord Italia la tradizione vuole che il 13 dicembre Santa Lucia (Santa Luza) porti doni ai più piccoli, quasi un'anticipazione dei doni che riceveranno a Natale. Non sto a raccontarvi la storia del martirio di Lucia, fanciulla siciliana a cui vennero cavati gli occhi e che per questo fu considerata la protettrice della vista; perché la trovate sui libri; voglio, invece, narrarvi il perché santa Lucia proprio oggi porta doni ai bambini e questo perché è racchiuso in una favola che ero solito raccontare ai bambini, quando insegnavo.
“La chiave d'oro” o favola di Santa Lucia.
Quando Lucia salì in cielo tutti si meravigliarono nel vederla così giovane. Ben presto la santa coi suoi modi dolci conquistò tutti ed anche il burbero San Pietro che si prese cura di lei, proprio come fa un nonno con la sua nipotina. I giorni trascorrevano lieti, ma Pietro, nonostante la lunga barba bianca, ci vedeva benissimo e non gli sfuggì quel sottile velo di tristezza che stazionava suoi occhi. In un momento di confidenze, venne a sapere che Lucia avrebbe tanto desiderato, anche per un solo minuto, rivedere il suo paese in Sicilia e i suoi poveri. San Pietro fu colpito da tale richiesta, ma non sapeva come poteva esaudirla. La notte non ci dormiva turbato da questo pensiero, finché prese coraggio e volle parlarne al Padre Eterno. Quando fu al Suo cospetto e sempre tenendo la testa china per profondo rispetto, espose la richiesta. Il Signore, che tutto vede e tutto sa, gli consegnò una piccola chiave d'oro che apriva una finestrella sul mondo. “Tieni Pietro, portala a Lucia”. San Pietro, sorpreso e felice, corse come un ragazzino a portare la chiave alla sua “santa bambina”, felice di aver esaudito il suo desiderio. Lucia aprì la finestrella, dette uno sguardo sul mondo e , felice di quella visione non desiderò più di aprire gli occhi sulle cose terrene. Ma una notte fu svegliata da lamenti e pianti lontani. Prese la chiave e corse a vedere di che si trattava. Fu in quel momento che vide tutte le ingiustizie del mondo e, soprattutto, vide i bambini che soffrivano e piangevano a causa delle angherie degli adulti. L'umore della santa mutò da quel giorno e la cosa non passò inosservata a San Pietro e specialmente al Padre Eterno che chiamò  Pietro. “Ho deciso,  daremo a Lucia l’incarico di portare, una volta l’anno, un po’ d’allegria sulla Terra e tu,  Pietro, dille che il Signore l’autorizza a scendere ogni 13 dicembre, giorno del suo martirio, per portare doni a tutti i bambini.” Quando ebbe la notizia la santa rimase incredula e felice. Ormai mancavano pochi giorni al 13 dicembre e Lucia non disponeva di nulla: in paradiso non esistevano né pasticcerie, né negozi di giocattoli e lei non sapeva come fare. Ma questa volta San Pietro ebbe un’idea proprio geniale; chiamò Lucia, invitandola ad aprire la finestrella: “Guarda, vedi nello spazio? Là c’è un cavalluccio, lo vedi? Là c’è una bambola, un trenino, là c’è una trombetta, li vedi? Sai cosa sono tutti quei giochi? Sono giochi superflui, inutilizzati, abbandonati, dimenticati da bambini viziati e mai contenti. I giochi sono come le persone, cercano compagnia e, se nessuno li vuole più, preferiscono andare nello spazio, in attesa d’ incontrare bimbi disposti a giocare con loro. Dai, forza! Prendine quanti ne vuoi e portali a  chi ne ha veramente bisogno!” . Lucia cominciò a riempire tanti sacchi di giocattoli e con l’aiuto di un asinello che si offrì volontario, fu pronta a portarli ai bambini bisognosi. Ecco come nacque la leggenda del viaggio di santa Lucia che ogni 13 dicembre porta gioia ai bambini e compagnia ai giocattoli.
Buona vita!


venerdì 6 dicembre 2013

Invictus.

Il titolo “invictus” viene dal latino e significa “invitto, ossia “mai sconfitto”. Questa poesia fu scritta sul letto di un ospedale nel 1875 da William Henley, poeta britannico che all'età di 12 anni rimase vittima del morbo di Pott, una grave forma di tubercolosi ossea. Nonostante ciò, Henley riuscì a continuare gli studi e intraprendere la carriera giornalistica. La grave patologia lo costrinse all'età di 25 anni all'amputazione di una gamba e, nonostante ciò, Henley non si scoraggiò e continuò a vivere con una protesi artificiale fino all'età di 53 anni, quando morì. La poesia diverrà il manifesto spirituale di Nelson Mandela che la reciterà spesso negli anni della sua prigionia durante l'apartheid. I grandi uomini come Mandela non muoiono e ci fanno essere orgogliosi di appartenere al genere umano e ci danno la speranza che, alla fine, tutte le dittature possono crollare, civilmente e senza rivoluzioni o bagni di sangue: con la forza delle idee e della giustizia, con la forza del popolo civilmente organizzato. Il cambiamento non è mai merito di uno solo: "Io sono ciò che sono per merito di ciò  che siamo tutti". Questa è la grande eredità che ci lascia questo grande uomo, ora tocca a noi mettere in pratica il suo insegnamento per migliorare il nostro ambiente, la nostra società e noi stessi.
Buona vita!
.maestrocastello...7 dic. 2013...........................................

Invictus.

Dal profondo della notte che mi avvolge,
Nera come un pozzo da un polo all'altro,
Ringrazio qualunque dio esista
Per la mia anima invincibile.
Nella feroce morsa delle circostanze
Non ho arretrato né gridato.
Sotto le randellate della sorte
Il mio capo è sanguinante, ma non chino.
Oltre questo luogo d'ira e lacrime
Incombe il solo Orrore delle ombre,
E ancora la minaccia degli anni
Mi trova e mi troverà senza paura.
Non importa quanto stretto sia il passaggio,
Quanto piena di castighi la vita,
Io sono il padrone del mio destino;
Io sono il capitano della mia anima.
(William Ernest Henley)

domenica 1 dicembre 2013

L'infanzia negata.

Siamo nel 1938 e l'isola di Rodi era sotto il controllo italiano dal 1912. L'anno scolastico era appena iniziato e Sami Modiano, che allora aveva otto anni, frequentava la terza elementare maschile. Il bimbo era tra i primi della classe, tra i più bravi, benvoluto dall'insegnante che non teneva conto della religione dei suoi alunni. Che il bambino fosse ebreo non importava a nessuno, almeno fino ad un certo mattino. Quel giorno Sami si reca a scuola come al solito e quando il maestro lo chiama, lui si mostra contento, si era preparato all'interrogazione, convinto che lo avesse chiamato per questo. Invece il maestro gli disse: “Sami, sei stato espulso dalla scuola.” Il bambino non capì, rimase senza parole. Il maestro, in grande difficoltà, cercò in qualche modo di mettere riparo al suo mutismo, facendo un inutile tentativo per rassicurarlo. Gli mise una mano sulla testa :” Credimi, mi dispiace. Il tuo papà ti saprà spiegare meglio di me il perché di questa espulsione.” Ancora oggi che Sami ha 83 anni, ricorda bene quella mano sulla sua testa e il vano tentativo di rassicurarlo e la successiva conversazione avuta con suo padre che gli parlò di Mussolini e dell'esistenza di una razza superiore e di un'altra ebraica di cui quelli della loro famiglia facevano parte. Era troppo piccolo per capire e provò a consolarsi per non dar ulteriore dispiacere a suo padre. Sami capì, invece, che da quel momento la sua infanzia si era interrotta e non gli sarebbe spettato tutto quello a cui ha diritto ogni bambino della sua età: balocchi, spensieratezza e istruzione. La sua vita futura sarà colma di vicissitudini dolorose ed una serie nutrita di fatalità. Ancora tredicenne fu avviato, insieme alla sua famiglia, ai “campi di concentramento” di Auschwitz, destinato ai lavori forzati e più volte ad un passo dal finire nei “forni crematori”; la scampò sempre, per un motivo o per l'altro. Nel campo mangiavano poco: una ciotola di minestra e una fetta di pane che lui metteva via per darla nascostamente a sua sorella Lucia. Un giorno si presentarono entrambi all'appuntamento con in mano una fetta di pane: ognuno dei due aveva avuto il pensiero per l'altro! Oggi Sami Modiano ha 83 anni e vive col rammarico di essere un sopravvissuto, mentre tutti gli altri sono morti e per testimoniare ai giovani le atrocità subite, racconta loro nelle scuole la shoah ed accompagna periodicamente gli studenti a visitare i campi di Auschwitz e Mauthausen. L'Università “La Sapienza” di Roma ha pensato a sanare l'altro suo rammarico, quello di non aver potuto studiare, conferendogli la “laurea ad honorem” col “Dottorato di ricerca” per i suoi grandi meriti umani e sociali. Dopo 75 anni quest'uomo realizza il suo sogno. Al neo-dottore vanno gli auguri e tutto il nostro affetto!
Buona vita!