venerdì 22 giugno 2012

L'Italia arriverà in semifinale?


Sono in fila da mezz’ora ed ho fra le mani il famigerato modello F24, in attesa che arrivi il mio turno per pagare le prima semestralità dell’IMU e intanto penso. Penso che non sono stati nemmeno capaci di predisporre uno stampato apposito per l’IMU  e che stiamo utilizzando ancora quelli dell’ICI, penso  che il CAF del sindacato mi ha fottuto 15 euro per stampare  una sola riga da un programmino già predisposto sul computer che saprebbe fare anche un bambino di dieci anni, penso che il cittadino comune, gira gira, è sempre lui a pagare per tutti, penso che questa ennesima gabella sarà solo una goccia nel mare di debiti in cui stiamo affondando e servirà a ben poco così com’è predisposta, una parte grande allo Stato e solo una particina ai Comuni. Si aspetta la crescita per mantenere il tenore di vita a cui ci avevano abituati e nessuno ha il coraggio di ammettere che il capitalismo ha fallito e che sarebbe ora di cercare  modelli alternativi, magari di decrescita,  modelli che non seguano la logica sviluppista ad ogni costo che  considerano la Terra come un barile senza fondo. Penso che il governo ragiona come se fosse un individuo,  fa come il gatto che si morde la coda quando consente aumenti sul motore principe dell’economia che è il carburante. Penso che per fare cassa si abbassano perfino a fare  pubblicità istigatrice al Gratta e Vinci in televisione. Penso che l’azione politica s’è ormai ridotta alla pura manutenzione dell’egoismo e che perfino la sinistra sia incapace di gettare le basi per costruire una democrazia senza padroni e proprio nella fase in cui il capitalismo è morto e sepolto. Penso alle banche che non concedono prestiti alle imprese, penso ai mercati finanziari ridotti a mercatini rionali; penso all’inutilità di aver mandato i nostri figli all’università e che sarebbe stato meglio averli avviati ad un mestiere, a frequentare magari una bottega, come si faceva un tempo; forse oggi non avremmo archeologi e programmatori  a spasso; ma bravi idraulici, muratori e falegnami richiestissimi e con un cospicuo conto in banca. Arriva il mio turno ed il cassiere è tanto disponibile che non vuole accettarmi il modello, in quanto alla voce:”rateazione/mesi di riferimento” ho scritto gennaio/giugno, invece del codice 0101 che indica che si tratta della prima casa e solo il suggerimento di un tale che è dietro di me mi toglie dall’impaccio. Se invece di tediarci ogni sera con le storielle del Trota e del Tonno Gigante, avessero semplicemente istruito la gente su come compilare questo fottutissimo F24, ora non faremmo queste figure barbine. Mentre guadagno l’uscita penso  che la politica ormai non interessa più a nessuno e viene fatta al massimo col “mi piace” su facebook  e che le prossime elezioni rischiano di portare molte facce nuove in parlamento, ma poche novità nei meccanismi che muovono la società.  Se un modello non  funziona, non bisogna riproporre lo stesso modello. La modernità è finita e solo i politici sembrano non essersene accorti. Passiamo molto tempo fra telefonino e computer e  ci interessiamo dei fatti della politica per criticare al massimo i privilegi della casta o il parlamentare pescato con le mani nel barattolo della marmellata. Siamo portati a generalizzare e così decidiamo di non andare a votare, inconsapevoli che l’antipolitica fa più danni della cattiva politica perché alimenta quest’ultima e la rende più forte. Non è più tempo di deleghe, il capitalismo non è l’unico mondo possibile, questo l’abbiamo capito, e solo l’impegno in prima persona  può dettare  alla politica modelli alternativi ad esso. Il mondo ha bisogno di un’altra politica e di un’altra economia e molti fingono di non capire. Mentre mi avvio alla macchina, preso da questi pensieri; ascolto da due che discutono animatamente di pallone la vera domanda che gli italiani si pongono in questi giorni: "Ma l'Italia ce la farà ad arrivare in semifinale?".
Buona vita!
maestrocastello


martedì 5 giugno 2012

Il sorriso della vita.

Capita anche di apprendere della fine tragica di un giovane del tuo paese di appena 24 anni che correva dalla propria ragazza, ignaro di andare all'appuntamento anticipato con la morte. Il tuo pensiero corre allo strazio dei suoi genitori che stanno vivendo l'esperienza più tragica che possa capitare nella vita, quella di perdere un figlio, di essere improvvisamente privati di una parte di se stessi. Si chiamava Donato quel giovane, Donato come un dono che Dio ha rivoluto indietro troppo presto. Quel dolore non si elabora facilmente, perché lascia il posto ad una ferita che non si rimarginerà mai. I figli sono un bene assai prezioso ed anche se te lo ripeti spesso a parole, te ne accorgi nei fatti solo quando essi ti vengono a mancare. Avvenimenti così dolorosi sconcertano la mente e non restano solo un fatto privato, ma riguardano tutti, specie se accadono in una  comunità  di poche migliaia di anime come Sant'Agata di Puglia,  dove si conoscono tutti e quel giovane ne era parte integrante. Insieme si elabora meglio il dolore e si può concertare anche meglio il calore ed il giusto sostegno per quei poveri genitori dal cuore spezzato. Poi ti capita che la notizia tragica della perdita di questo figlio ti porti a pensare ai tuoi di figli che hanno abbandonato la tua casa ed ora vivono altrove. Pensi al grande dono di averli avuti tutti e due, pensi anche che sia giusto che ciascuno percorra la propria strada. Prima li portavi per  mano ed ora, al massimo, gli cammini a fianco, come dei vecchi compagni che si raccontano le malefatte del passato. Li consideri degli interlocutori preziosi e non degli amici, perché  gli amici sono un'altra cosa. Pensi che il tuo orgoglio non consiste che t'assomiglino, ma che si portino dentro qualcosa di te, di voi; ad esempio, il tuo stesso modo di abitare l'orlo delle cose che scivola tra le situazioni e le persone o l'ottimismo della loro mamma che li ha educati a guardare sempre il lato buono delle cose, senza tralasciarne quello deteriore. Pensi che quando erano piccoli avevi sempre qualcosa da ridire su di loro ed ora riesci perfino a vedere che sono migliori di te. Ami in loro la compostezza, ami l'assenza di vanità che ti appartiene, ami il loro piacere ricorrente di far ritorno al comune ovile. Pensi ch'è stato un grande dono l'averli avuti per casa per tutti quegli anni e vai fiero che hanno attenzione per gli altri e che rincorrono i loro sogni anche a caro prezzo, cosa magari che non hai fatto tu.  Cosa faranno da grandi? Magari lo stanno già facendo, come vivere senza le tue incertezze, le tue fragilità, le tue ansie e le tue continue paure. Pensi con gioia che loro rappresentano il lato buono della vita, la certezza che hai seminato bene, che i tuoi non erano solo sogni che si dileguano alle prime luci dell'alba. Eri convinto che il buono fosse altrove ed invece t'accorgi che il bene stava sotto i tuoi occhi ed erano i tuoi figli; allora il rammarico si trasforma in sano desiderio: che vorresti goderteli di più! 
Buona vita! 
maestrocastello 
                                                     

venerdì 1 giugno 2012

Il piacere di leggere.

Leggere è un privilegio esclusivo dell’essere umano. Coloro che amano leggere hanno vite più ricche e prospettive più ampie rispetto a chi resta indifferente davanti ad un libro o addirittura lo considera più un obbligo che un piacere. La colpa, in quel caso,  è  della scuola e della famiglia che non hanno saputo trasmettere il sano virus della lettura ed è per questo che tanti ragazzi considerano faticoso e poco interessante dedicare tempo anche ad una sola paginetta stampata. Il computer è divenuto così popolare che tanti ragazzi lo preferiscono ad un buon libro e  perdono così una infinità di buone occasioni. Leggendo si trascende il tempo, si entra in contatto con filosofi, saggi e poeti vissuti migliaia di anni fa, si visitano luoghi lontani senza prendere aerei, s’incontrano nuovi maestri, si sviluppano nuove idee e nuovi punti di vista. Tanti non leggono perché hanno poca familiarità con la lettura, non l’hanno fatto da piccoli oppure l’hanno fatto male. Basta iniziare con libri semplici che parlino di cose interessanti, libri che sappiano catturare la nostra attenzione, che mettano in viaggio la nostra fantasia, che ci facciano scordare di stare nel salotto di casa e siano in grado di guidarci in realtà ancora sconosciute. Una volta scoperto qual è il giusto meccanismo possiamo cimentarci anche con sfide più grandi e vedrete che questo processo  poi durerà tutta la vita. L’amore per la lettura si può trasmettere anche da piccoli : “Papà mi racconti una favola?”, dal racconto alla lettura il passo è breve. Si inizia raccontando a voce una storia e poi la si legge insieme al bambino e vi accorgerete che lui riscontrerà quasi sempre che abbiamo saltato alcuni passaggi; questo è un buon segno, vuol dire che abbiamo un figlio perspicace e attento. Ricordo ancora l’emozione di avere il mio primo libro delle elementari: annusavo la carta che sapeva di nuovo, guardavo continuamente le figure perché non sapevo ancora leggere e immaginavo quali storie potessero nascondersi dietro quelle figure; per  paura che potessi sciuparlo mia madre me lo aveva foderato con un cartoncino giallo paglierino, di quelli che i salumieri incartavano il pane. Era la prima volta che avevo una cosa tutta mia e fu così che iniziò la mia passione per i libri che ancora conservo. I grandi uomini sono stati grandi lettori. Napoleone, ad esempio, nella campagna d’Egitto e di Spagna aveva con sé ogni  genere di libri. Stendhal ogni mattina leggeva un centinaio di pagine che gli davano la carica giusta per affrontare la sua giornata di scrittore. Cosa ci spinge dunque a leggere? Si legge per conoscere attraverso l’uso di “parole accese” che, come tante luminarie ci indirizzano verso la casa della conoscenza.  Il piacere di leggere lo conosce soltanto chi legge e sarebbe buona abitudine parlare di libri in famiglia, avere libri in casa, vedere familiari che dedicano tempo al piacere della lettura, far percepire come normale e piacevole atto quotidiano  e come cura di sé, quello di  leggere un libro. A scuola si leggono spesso libri pallosi in funzione dell’esclusiva  conoscenza dell’autore ed i giovani lo fanno con molta sofferenza, tanto per strappare una sufficienza e ciò rischia di spegnere l’interesse del giovane alla lettura. In realtà quelle letture devono prescindere dal “”bello/brutto”, “mi piace/non mi piace”, perché servono a capire certi processi per cui si passa dal naturalismo al decadentismo che, altrimenti, non capiremmo.  Se non si può indurre alla lettura, almeno la si può stimolare attraverso molteplici iniziative. Quando insegnavo, avevo istituito l’ora di lettura, avevamo una biblioteca in classe, con libri portati da casa,  e così per un’ora alla settimana ciascuno doveva prendere un libro, leggerlo e, a turno, parlarne a tutta la classe. Come per miracolo, durante quell’ora anche le classi più scalmanate cadevano come in religioso silenzio, roba da pelle d’oca, e leggevano e raccontavano, ciascuno a modo proprio. Bisognerebbe fare più esperienze di questo genere ed anche se non si aumenterebbe il numero dei giovani lettori, almeno si darebbe a ciascuno l’opportunità non di ripetere non semplicemente  nozioni “a pappagallo”; ma di svolgere una sana pratica nel luogo maggiormente deputato allo scopo, l’aula scolastica. Termino con le parole di un giovane lettore: “Ci sono persone che si fanno le canne per amplificare i sensi, bèh io leggo e mi sconvolgo così!”.
Buona vita!                                         
maestrocastello