venerdì 25 giugno 2010

Chi l’ha detto che uscire dai mondiali sia un male?


L’Italia pallonara ora può mettersi l’animo in pace che tanto non c’è più da soffrire per la nazionale che è fuori dai mondiali e senza accampare tante scuse. Anche squadre più modeste della nostra ci hanno tenuto testa. Le colpe? Tutti si scagliano contro l’allenatore che sembra come quegli omini di cartapesta del luna park che devi cercare di colpire con cinque palle in successione, se vuoi portarti a casa un pupazzetto di peluche. Lippi ha la colpa di essere un vero presuntuoso che ha snobbato tanti calciatori, perché gli erano antipatici e non l’ha mai nascosto. Forte di un campionato vinto, s’è presentato con una squadra che pareva una minestra riscaldata: tante comparse e pochissimi veri attori e sapete tutti poi com’è andata. A sua discolpa va riconosciuto che non aveva molto da pescare in squadre imbottite di stranieri: l’Inter, campione d’Italia, ha schierato spesso dieci stranieri su undici (se escludiamo Balotelli che Lippi ha regolarmente escluso). Tanti, compreso chi vi scrive, dicevano che presto saremmo andati a casa e intanto speravamo fino all’ultimo che quei ragazzi strapagati mostrassero le palle; maccchè s’è visto solo confusione e poche idee. Dicevano i commentatori di una radio privata:” Noi italiani viviamo soprattutto di calcio, non ci dovevano fare questo!” . Invece io dico: uscire dai mondiali è davvero un male? Storicamente l’attenzione per il calcio distoglie la gente dai problemi veri e mi sembra che in questo particolare momento non stiamo messi proprio bene! Si sta varando una legge finanziaria che non ha precedenti e noi pensiamo a Cannavaro? I nostri figli che abbiamo fatto laureare, ora non trovano uno straccio di lavoro neanche da precari e noi pensiamo a Buffon che ha la sciatalgia? Ragazzi, noi stiamo col culo per terra, mentre il calcio non conosce crisi. L’Inter già pensa come spendere sul mercato i soldi incassati per la coppa dei campioni, la Juve si deve ricostruire, il Milan, la Fiorentina, la Roma sarà la solita corsa forsennata agli acquisti milionari di stagione e intanto molte aziende chiudono i battenti. Entreranno altri stranieri e noi dovremo ricostruire ex novo una nazionale con quel che passa il convento. Siamo seri, pensiamo per una volta che il calcio è solo un gioco d’ìnteressi e noi con i nostri mille e pochi altri spicci di euro al mese di stipendio abbiamo ben altro da pensare. Cominciamo a pensare che quando gioca L’Italia non è che va in guerra, è solo una partita di pallone e non scordiamoci che ci sono anche gli avversari che vanno rispettati. Ma c’è l’inno nazionale! E allora? Lo cantano anche gli altri e si commuovono anche più di noi. Siamo fuori dai mondiali; ma chi se ne frega! E’ andata male? Sara per un’altra volta!
Buona vita !
maestrocastello.

sabato 19 giugno 2010

QUALE SCUOLA.


Siamo al momento dei tanto sospirati esami di maturità che i ragazzi sognavano già nei banchi delle medie e fra qualche settimana la scuola italiana sfornerà mezzo milione circa di nuovi diplomati, molti dei quali si cimenteranno invano con studi universitari che non sono alla loro portata, sponsorizzati da famiglie troppo generose che riporranno in loro speranze che presto vedranno il tramonto. Non molto diversa è la sorte di quella rimanente schiera che prenderà le cose più seriamente. Questi ultimi, insieme alle loro famiglie, affronteranno sacrifici di varia natura (non ultimi quelli economici, dati i costi esagerati dei nostri atenei), per costrursi maggiori prospettive di lavoro e scopriranno invece che per un giovane laureato la vita è molto dura qui in Italia. Per veder riconosciuto il proprio talento bisogna andare all’estero, dove si investe seriamente sulla ricerca. Purtroppo la nostra scuola è scollegata totalmente dal mondo del lavoro, per la mancanza di una seria politica di programmazione. Non è vero che la scuola prepara il giovane al mondo del lavoro; perché non c’è lavoro! Nemmeno dà tutta questa cultura; è solo un’infarinatura superficiale, perché la cultura te la farai da grande. Ormai le Università pullulano di futuri disoccupati che cazzeggiano fino alla soglia dei trent’anni, per poi uscirne senza arte né parte. Come mai la scuola s’è ridotta così? Progressisti, laici, nostalgici; ognuno di noi ha idee diverse sulla scuola; ma andrebbe finalmente riconsiderata la nuda reltà dei fatti, quella che da decenni si va delineando: “la maggior parte dei giovani che escono dalla scuola e dall’università è sostanzialmente priva delle più elementari conoscenze e capacità che un tempo scuola e università fornivano”. Così scriveva, giusto un anno fa, il professor Luca Ricolfi ed io sottoscrivo in pieno la sue affermazioni. Ma queste cose da noi non si possono dire senza provocare indignazione da parte della politica che si riconosce soltanto meriti ed, in fondo, trae vantaggio proprio a gestire masse di giovani che sguazzano nell’ignoranza più assoluta. Di chi è la colpa se la scuola italiana sforna diplomati che non hanno la capacità di esprimersi correttamente con un discorso ben articolato e comprensibile che accresca le conoscenze di chi ascolta? Di chi è la colpa se (come dice ancora Ricolfi) i nostri studenti non hanno più la capacità di concentrazione, di saper soffrire su un problema di difficile soluzione, se banalizzano tutto ciò che non arrivano a capire, se attribuiscono ad altri tutta la colpa della loro abissale ignoranza? Infatti sono soliti dire: “Sono stato promosso” (tutto merito loro!) o “Mi hanno bocciato!” (tutta colpa degli altri!). Ogni grado dell’istruzione addossa la colpa di lacune a quello precedente e intanto “…. l’università è costretta a fare corsi di «azzeramento» per rispiegare concetti matematici che si apprendono a 12 anni” ( sempre a detta di Ricolfi che insegna all'università). La verità è che la scuola non è più selettiva, prepara giovani capaci di superare quiz, di eseguire istruzioni; ma incapaci di padroneggiare una intera materia. La memoria che un tempo costituiva il serbatoio per organizzare le idee, è stata totalmente bandita, perché convinti che tutto si trova su Internet ed è questo il motivo se, finiti gli esami, i ragazzi non ricordano più nulla. In tutto questo sono poche le colpe dei giovani, se non di essersi lasciati facilmente ingannare da una generazione, come la mia, che ha finto di aiutarli e li ha invece ridotti ad uno stato di disorientamento totale. Nel tanto osannato “sessantotto” avevamo tutti l’idea di includere le masse fino allora escluse dall’istruzione ed invece si è aperta la strada alla scuola facile, non selettiva, quella del 6 politico che si è poi ritorta proprio contro coloro che diceva di voleva aiutare. La colpa è della politica che non ha mai investito seriamente nell’istruzione dei giovani, nella preparazione del corpo docente ed ha lasciato, per clientelismo, che il carrozzone-scuola italiano si infoltisse di un numero eccessivo di “addetti ai lavori”(un milione e duecentomila dipendenti) che oggi supera di gran lunga quello dell’intero esercito degli Stati Uniti d’America(settecentomila unità). Fino ai primi degli anni ottanta eravamo ancora fermi alla riforma Gentile del 1923 e le cose non andavano poi così male; in quest’ultimi trentanni si sono avvicendate tante riforme che non hanno riformato un bel nulla. Si è pensato solo ai dettagli: voti o giudizi? Tempo pieno o mezzo tempo? Grembiule o tuta? Maestro unico, voto in condotta e crocifisso categoricamente appeso nelle aule! Intanto si continuano a tagliare i fondi alla scula. Ultimamente ci si riempie la bocca del termine “meritocrazia”. Ma state attenti che "La parola meritocrazia è l'ultimo trucco della comunicazione….”, dice Michael Young, “ una minoranza di privilegiati che si avvale di criteri di selezione tendenziosi e settari per impedire l'ascesa sociale di quanti sono sfavoriti dal fatto di appartenere alle classi inferiori”. Bisogna comunque pretendere una scuola di qualità, senza lasciare indietro nessuno e questo è possibile solo se ripartiamo da zero. La verità è che solo una scuola che fa sul serio può contribuire a sollevare anche i più deboli, dando a tutti i meritevoli le stesse opportunità; al di là delle questioni di ceto, sesso o quant’altro. Solo così potremo risollevare i nostri giovani dal baratro in cui li abbiamo precipitati.
Buona vita!
Maestrocastello.

giovedì 17 giugno 2010

tempo di vacanze, tempo di sacher.


La Sachertorte, più comunemente chiamata Sacher, è una torta al cioccolato inventata da Franz Sacher per Klemens von Metternich il 9 luglio 1832 a Vienna, in Austria. La torta consiste in due strati di pasta di cioccolata leggera con al centro un leggero strato di confettura di albicocche mentre sopra e nei lati è ricoperta da una glassa di cioccolata nera
In Italia la Sacher è molto conosciuta anche grazie ad una battuta di Nanni Moretti nel film Bianca (1984): “ Lei non ha mai sentito parlare della Sacher Torte? Bene, continuiamo così, facciamoci del male!". La frase è diventata presto così nota che lo stesso Moretti ha chiamato Sacher Film la sua casa di produzione cinematografica.
La torta Sacher è una vera bomba calorica a causa dell'ipercaloricità degli ingredienti utilizzati, soprattutto il cioccolato e il burro; una normale porzione contiene 420 calorie circa. La ricetta originale è gelosamente custodita dagli inventori viennesi che ne producono artigianalmente milioni di pezzi ogni anno; ma siccome non tutti possiamo recarci a Vienna, ecco una delle tante ricette che circolano sul web e vediamo cosa riusciamo a fare.


ingredienti per la torta base:
• 100 gr di farina bianca
• 150 gr di cioccolato fondente
• 90 gr di burro
• 100 gr di zucchero semolato
• 5 uova grosse
• 100 gr di marmellata di albicocche

Ingredienti per la glassa coprente:
• 1 cucchiaio di burro
• 120 gr di cioccolato fondente
• 0,8 dl di caffè freddo ( equivalenti ad una moka da 2 tazzine )
• 300 gr di zucchero a velo
• 1 cucchiaio di essenza di vaniglia

I sopracitati ingredienti permettono di preparare una torta, utilizzando una tortiera di 24 cm di diametro. Ora è tempo di realizzarla…

Preparazione
• Preriscaldare il forno a 170 gradi.
• Rivestire con carta da forno una tortiera a cerniera.
• Far sciogliere i 150 gr di cioccolato a bagnomaria.
• Togliere dal fuoco e lasciare raffreddare.
• Montare a crema i 90 gr di burro con lo zucchero semolato. Unire poi i 5 tuorli (preservando gli albumi ), amalgamandoli uno per volta.
• Aggiungere il cioccolato fuso ed incorporare la farina.
• Montare a neve gli albumi messi da parte in precedenza ed addizionarli al composto.
• Porre l’impasto nella tortiera.
• Far cuocere per circa un’ora ( tenendo sempre conto però della “prova stuzzicadenti”, ovvero far cuocere fin quando tale stuzzicadenti infilato nel mezzo della torta risulterà asciutto ).
• Far raffreddare nella tortiera.
• Una volta raffreddato, tagliare il dolce a metà orizzontalmente, disporre uno dei dischi su di un piatto da portata e spalmarvi sopra la marmellata di albicocche. Fatto ciò, ricoprire con l’altro disco.

Ed ora il tocco finale:
. preparare la glassa e rivestire la Sacher:
• Far sciogliere il cucchiaio di burro ed i 120 gr di cioccolato a bagnomaria.
• Aggiungere i 0,8 dl di caffè freddo, lo zucchero a velo e l’essenza di vaniglia, mescolando il tutto fino ad ottenere una crema liscia.


Avvertenze:
LECCARE IL MONITOR NUOCE GRAVEMENTE ALLA SALUTE!
Buona vita!
Maestrocastello.

martedì 15 giugno 2010

La diversità uccide.


Viviamo in un'epoca di rigurgiti razziali non esauriti, di faticose battaglie per il riconoscimento dei diritti di tutte le identità sessuali, di mutazioni sociali pesantemente indotte dai regimi capitalistici dominanti. La "diversità" spaventa. Ieri come oggi. Le pagine di cronaca ci offrono continuamente l’immagine di un’Italia che, a distanza di più di trent’anni, ancora vede il diverso come nemico da combattere. La Chiesa considera l’omosessualità addirittura una malattia; mentre ha tollerato troppo a lungo il vizietto della pedofilia che si annidava al suo interno. L’onorevole Paola Binetti, vicina al mondo cattolico, associa l’omosessualità alla pedofilia; intanto nelle città si è aperta la caccia ai gay. Arretratezza culturale, involuzione? L’omosessualità è ancora una colpa per i benpensanti medio piccolo borghesi. L’onorevole Mussolini arriva a dire a “Porta a Porta”: “Meglio fascisti che froci!”. Che scandalo e che ridere, due gay si baciano! Puoi essere ricco e famoso, ma se baci una persona del tuo stesso sesso verrai ridicolizzato sulle prime pagine dei giornali; finchè non ammetti che stavi solo scherzando.
I giornalisti prima aizzano e poi gridano allo scandalo quando qualche giovane nazi di borgata va in centro ad insultare e menare i primi "froci" che gli rovinano la vista. I giornali non mostrano una discriminazione sessuale evidente, questa rimane comunque sempre latente e confezionano i loro pezzi in base al gradimento del padrone che mette i soldi e dei suoi referenti politici . Essi considerano strano e bizzarro chi non si conforma ad una società che non prevede ancora forti diritti alle coppie di uno stesso sesso. Come si vede è un problema di mancata omologazione. Ma perché ancora oggi dà tanto fastidio chi è diverso? Ieri come oggi , la “diversità” uccide, scriveva Pier Paolo Pasolini. “...Solo una società ancora intrisa di vetero-cattolicesimo, bigotta, che ha rigurgiti nazi-fascisti può pensare all’omosessualità come una colpa da fare espiare nei lager. Solo l’idea della “diversità” vista in chiave negativa, come “minaccia” della propria identità può generare quei sentimenti di paura, ansia, sospetto che pongono, per autodifesa, l’eterosessuale in un gradino più alto nella scala dell’umanità”. Una società davvero civile pone l’umanità tutta sullo stesso gradino...”. La parola diverso assume oggi una dimensione limitata alla sola sfera affettiva e personale; ma il vero diverso è colui che è sempre in cerca di una identità personale e collettiva. I veri diversi non danno valore al denaro, perciò non possono essere comprati, sono spiriti liberi che volano al disopra della quota consentita, sono sganciati da logiche di denaro o di partito, non prevedono confini nè barriere, armi o fazioni. Sono coloro che avvertono dove si annida l’abuso, l’iniquità e il dolore. I veri diversi indossano lenti che non sono in dotazione e con queste vedono una società che fa terra bruciata intorno a loro, una società che sta debellando tanti mali; ma fa fatica ad estirpare il pregiudizio. A forza di rimanere all’angolo, i diversi rischiano di credere di essere davvero i peggiori del cortile, degli inguaribili sognatori, intrisi di inutili speranze e di dolore, costretti in un luogo di servitù e di silenzio dove appunto vivono le minoranze.

giovedì 10 giugno 2010

Il grillo parlante? Verrà preso a martellate!


Il Cavalier Silvio Berlusconi ha detto in questi giorni che : “La mafia italiana risulta la sesta al mondo, ma in realtà è la più conosciuta grazie al supporto promozionale che ha ricevuto dalle otto serie tv della "Piovra" vista in 160 Paesi. E anche dalla letteratura, come ad esempio Gomorra”. Pensate che proprio un suo omonimo, tale Dottor Silvio Berlusconi, presidente del Consiglio di questo paese, ha detto un anno e mezzo fa, il 16 ottobre del 2008 queste precise parole: "Vorrei rincuorare Roberto Saviano e dirgli di tenere duro, di non cedere alle minacce della camorra. Ai giovani talenti come Saviano dobbiamo tutti una civile gratitudine: ma il governo gli deve qualcosa di più. Deve garantirgli il diritto a non avere paura, la tutela più completa della sua incolumità. E su questo prendiamo assoluto impegno”.
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Spazio per le riflessioni personali…………………………..

Sembra una vera e propria campagna mediatico-politica quella che è improvvisamente insorta contro lo scrittore Roberto Saviano. Sinceramente ho avuto una iniziale diffidenza verso questo personaggio che era assurto alla ribalta col suo libro contro la Camorra e mi ero fatto l’idea che si trattasse della solita bufala mediatica per lanciare un personaggio costruito che sfruttava il tema della Camorra. Non nego che non sono riuscito a vedere tutto il film, tratto dal libro, e per la violenza di certe scene e per il napoletano stretto francamente incomprensibile anche per uno come me che nasce meridionale. Una sera mi capita di vedere Saviano ospite di Fazio, a “Che tempo che fa”, e rimango letteralmente incantato. Tiene la scena per un tempo che sembra interminabile, da attore consumato. Ha una proprietà di linguaggio che i bellinbusti del piccolo schermo nemmeno si sognano. Dice cose circostanziate di una verità, drammaticità, liricità inaudite. Fino a qualche giorno fa lo lasciavano parlare, qualcuno storceva la bocca perché avesse la scorta; ma lo lasciavano parlare e perfino Berlusconi, con le parole dell’ottobre 2008, gli mostrava civile gratitudine. Ma cosa è cambiato improvvisamente?
Emilio Fede nel suo TG4 passa, come al solito, di pala in frasca e se n’esce con queste esternazioni: “Basta con Roberto Saviano, non se ne può più. Non è lui che ha scoperto la camorra, non è lui che l'ha denunciata, ci sono magistrati che sono morti mentre lui è superprotetto, tanti altri hanno scritto libri, ma non hanno fatto tutto questo clamore”.
La senatrice Pdl Ombretta Colli : “Lo show di D'Alessio mostra il bello di Napoli. Non come i discorsi di Saviano”.
Fabio Cannavaro quando era a Mdrid aveva affermato: «Per il cinema italiano spero che Gomorra vinca l'Oscar. Ma non penso che gioverà all'immagine dell'Italia nel mondo”.
Delle solite contraddizioni del “premier” abbiamo già accennato all’inizio e non ci resta che cercare di individuare il motivo di tanti dissensi. Cannavaro dovrebbe forse capire che non parlando Saviano della Camorra; non è che per miracolo essa sparisce da Napoli! E’ proprio parlando dei problemi che questi si possono risolvere. Il fatto che a Madrid lo chiamavano mafioso, non dipende da Roberto Saviano; ma è perché una parte d’Italia è legata alla mafia, camorra, alla ‘ndrangheta, alla Sacra Corona Unita e via discorrendo. Perché quelli che ieri difendevano Saviano ora lo stanno attaccando? Il problema non è la Camorra, ma la presenza di Saviano in tv. Si pensava di fare un programma con Fazio e Saviano e già si pensa a come epurarlo. Dice bene Massimo Donadi dell’Idv : “Cosa ci si può attendere da un governo retto dal Pdl, che ha come coordinatore regionale in Campania Nicola Cosentino, indagato per concorso esterno in associazione mafiosa per presunti rapporti con il clan dei Casalesi? Reati gravissimi tanto da spingere i giudici a chiedere l’arresto del sottosegretario. Ma il problema è Saviano, non la camorra”. Saviano mi ricorda tanto il “grillo parlante” che rappresentava la cattiva coscienza e che Pinocchio pensò bene di prendere a martellate. Attento Saviano che Silvio-Pinocchio ci ha abituati a tante bugie, se una volta diceva tanto bene di te; ora crede che tu dai una immagine negativa alla parte vincente di questo Paese. Questa politica non può o non vuole sconfiggere quella Camorra che tu vai denunciando; perchè da essa deve attingere consensi. La monnezza porta voti, i terremoti portano voti e scrittori saccenti come te portano solamente dei guai!
Bona vita!
Maestrocastello.

domenica 6 giugno 2010

Nessuno mi può giudicare.


SUCCEDEVA IERI.

"Il nostro Capo (Mussolini, n.d.r.) è preso da convulsioni a leggere un giornale francese di provincia che parla di lui con poca reverenza. Sarebbe capace di muovere guerra alla Francia per le parole d'un giornalista d'una redazione di Marsiglia o di Bordeaux. Riferiscono che legge avidamente tali giornali, e se trova qualcosa che gli dispiace, è preso da un'ira violenta, appallottola il giornale, lo scaraventa nel cestino, diventa intrattabile. E' giornalista, ed è come se dirigesse non l'Italia ma un grande giornale. Si fornisce lui stesso una menzogna quotidiana nei giornali, e finisce col credervi, lui solo"
(Corrado Alvaro da “Quasi una vita” – 1931).

SUCCEDE OGGI.


“Nessun politico gradisce una stampa critica e Silvio Berlusconi, il primo ministro italiano, non fa eccezione. Nelle ultime settimane è venuto a contatto con l’intensa osservazione da parte dei giornalisti stranieri, e quello che hanno scritto non è stato motivo di una lettura piacevole. Berlusconi crede cha la miglior difesa sia l’attacco. Il mese scorso il suo ministro degli Esteri aveva definito un articolo del Financial Times, un giornale finanziario britannico (e comproprietario dell’ Economist), stampa cattiva e disonesta. All’inizio di questo mese, lo stesso Berlusconi ha accusato la stampa estera di essere al servizio dell’opposizione di centrro-sinistra. Ha attaccato i giornali di proprietà di Rupert Murdoch, specialmente il Times, per il recente trattamento, che è stato molto critico. Il Giornale, un quotidiano di proprietà del fratello di Berlusconi, ha descritto il lavoro della stampa estera come veleno e bugie, riferendosi soprattutto a pubblicazioni con sede in Gran Bretagna, Francia, Germania e Spagna”.

(Fonte: The Economist; pubblicato sull’edizione cartacea il 18/06/2009).

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Per la riflessione……..

La libertà di stampa è stretttamente connessa alla crisi dei sistemi democratici. Questo tracollo parte dall’Italia e si va espandendo in Europa e nel mondo, come dice lo storico Mimmo Càndito, presidente di Reporters sans frontières. Il nostro Paese ha avuto una variazione al ribasso in fatto di libertà di stampa, scendendo agli ultimi posti tra i paesi occidentali nelle varie classifiche di Rsf e di Freedom House. La comunicazione è il mezzo moderno più efficace per fare politica e lo sa bene qualcuno in Italia che prima ha utilizzato proprie televisioni e giornali per tentare la scalata al potere e, una volta raggiunto, è riuscito a mettere il bavaglio alla tivù che è di tutti. Da noi ha sempre stentato ad affermarsi la consapevolezza culturale della divisione tra i poteri dello Stato e l’esercizio della libertà. Le radici del giornalismo italiano sono fortemente legate al mondo politico e perciò fanno fatica ad esprimere una politica diversa da quella della dipendenza. Le limitazioni all’esercizio della manifestazione del pensiero è messa in atto da pratiche di un potere che non gradisce il dissenso, in quanto soggioca le masse attraverso la costruzione di un’immagine sempre positiva dello staff di governo e non è tollerabile che qualcuno la sporchi. E’ un caso che tanti volti di giornaliste televisive che non si sono allineate alle direttive aziendali (la Busi, la Ferrario) siano improvvisamente sparite dal piccolo schermo? E’ un caso che un premier intervenga, telefonicamente, in una trasmissione televisiva e quando ha finito di dire le proprie ragioni, metta giù la cornetta, senza accettare un contraddittorio? E’ un caso che gran parte del tempo di ogni tg sia speso per decantare quanto è bravo il nostro "governo del fare" o per sbandierare un falso ottimismo? E’ un caso che il tg 1 trasmetta la premiazione al Festival di Cannes di un attore italiano che aveva espresso critiche al nostro governo e tolga volutamente l’audio al servizio? Qualcuno dice che in Italia c’è fin troppa libertà di stampa. Allora perché non si accetta il confronto con chi la pensa in modo diverso? Si cominci dove si discutono le leggi, senza ricorrere alla continua”fiducia”. Tanti personaggi che esprimono critica e dissenso sono destinati ormai a sparire (Santoro, Dandini, Fazio). Quando dicono che il governo è “coeso”; tale termine sta solo ad indicare che sono tutti stretti intorno ad una sola persona che le sta pensando tutte per non farsi intercettare, per non farsi processare, per non farsi condannare. In pochi mesi Obama è riuscito a far approvare la faraonica riforma sanitaria americana; mentre in Italia non sono bastati due anni per partorire norme su “legittimo impedimento” che qualcuno chiama scherzando "norme salva-chiappe". Il nostro sistema democratico è ridotto come quel pugile all’angolo che lo stanno lavorando ai fianchi, riceve colpi che sembrano innocui; ma sono tanti colpi innocui insieme che prima o poi lo vedranno stramazzare al suolo.
Buona vita!
maestrocastello

venerdì 4 giugno 2010

Lavorare stanca!


Un ricco industriale del Nord rimase sconvolto quando vide un pescatore del Sud tranquillamente appoggiato alla barca, intento a fumarsi la pipa. “Perché non sei uscito a pesca?” gli chiese l’industriale. “Perché per oggi ho pescato a sufficienza” rispose il pescatore.“ E perché non peschi più del necessario?” insistette l’industriale “E che cosa farei con i pesci in più?” chiese a sua volta il pescatore. “Guadagneresti più soldi”, fu la risposta, “in questo modo potresti dotare la tua barca di un altro motore, spingerti più al largo, e pescare più pesci. Così facendo, guadagneresti quel che ti basterebbe per comprarti una rete di nylon, con cui avresti ancora più pesci e più soldi. In men che non si dica potresti permetterti due barche… anzi una vera e propria flotta. Diventeresti ricco come me”. “E a quel punto che cosa farei?” tornò a chiedere il pescatore. “Potresti startene seduto e goderti la vita”, fu la risposta dell’industriale. “E che cosa credi che stia facendo in questo preciso momento?” rispose soddisfatto il pescatore.
(A.De Mello)
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“Per la riflessione.

“La nostra vita e’ quella che i nostri pensieri vanno creando”. Queste parole sono vere oggi come diciotto secoli fa, quando Marco Aurelio le scrisse nelle sue Meditazioni. I nostri pensieri sono la risultante di svariati fattori che concorrono tutti insieme a determinare le scelte che facciamo, i progetti di vita che perseguiamo. Che poi li raggiungiamo o meno, poco importa ; assorbono comunque una porzione importante del nostro tempo che è un tratto essenziale della nostra vita a cui abbiamo dato una destinazione specifica e del tempo che più nessuno ci renderà indietro. Se godersi la vita è l’obiettivo da perseguire, mi sembra che il pescatore e l’industriale seguano due scuole di pensiero distinte e contrapposte, entrambe del tutto discutibili. L’una, quella del pescatore, tutta improntata all’idea del minimo sforzo, votata alla filosofia dello stretto indispensabile e mi fa pensare al “bandolero stanco” in siesta permanente, all’ombra del suo sombrero capiente. Magari la vita fosse solo meditazione; presto capisci che devi muovere il culo e pedalare spesso in salita. L’industriale ti crea ansia già nel parlare. Mentre il pescatore ha un avanzo eccesivo di tempo, all’industriale sembra non bastare mai. Il suo godersi la vita è legato strettamente all’idea del fare soldi, incurante dell’eccesiva fatica, della mancanza di riposo, del tempo che impiegherà, delle persone care che la sera lo aspetteranno invano, del fatto che si renderà schiavo inconsapevole del proprio lavoro. Purchè si ottenga di far soldi, passerà sopra il cadavere di tanti. Chi impiega tempo solo a far soldi, difficilmente poi lo dedicherà a scopi diversi; fossero anche di puro svago. Occorre forse trovare una terza via, quella che sta giusto in mezzo tra l’ndustriale ed il pescatore. Passiamo metà della nostra vita, occupandola al lavoro, svolgendo spesso attività diverse da quelle desiderate; se non troviamo gioia nel nostro lavoro, non lo troveremo da nessuna altra parte. La chiave è in ognuno di noi, sta nella capacità di interessarci maggiormente a ciò che facciamo, nel saper vedere gli aspetti positivi anche di un lavoro intrapreso per caso. Ricordiamoci che con l’onesto lavoro non si è mai arricchito nessuno; perciò lasciamo stare le illusioni da “vincita al lotto” ed autoinduciamoci piuttosto al coraggio, alla gioia, alla forza ed alla pace. Solo un atteggiamento positivo verso la vita ti farà accettare anche un lavoro sgradito, ti sentirai meno stressato, otterrai promozioni ed aumenti di stipendio, ti stancherai molto meno e sarai più felice anche nel tempo libero. Ricorda che si lavora per vivere e non al contrario; altrimenti saremmo bestie da soma. Anche se necessario, il lavoro non è tutto nella vita; c'è dell'altro e in quell'altro c'è l'altra metà di ciascuno di noi.
Buona vita!
maestrocastello.