giovedì 31 dicembre 2009

IL PRIMO GIORNO DELL'ANNO

di Pablo Neruda

Lo distinguiamo dagli altri
come se fosse un cavallino
diverso da tutti i cavalli.
Gli adorniamo la fronte
con un nastro,
gli posiamo sul collo sonagli colorati,
e a mezzanotte
lo andiamo a ricevere
come se fosse
un esploratore che scende da una stella.
Come il pane assomiglia
al pane di ieri,
come un anello a tutti gli anelli…
La terra accoglierà questo giorno
dorato, grigio, celeste,
lo dispiegherà in colline
lo bagnerà con frecce
di trasparente pioggia
e poi lo avvolgerà
nell’ombra.
Eppure
piccola porta della speranza,
nuovo giorno dell’anno,
sebbene tu sia uguale agli altri
come i pani
a ogni altro pane,
ci prepariamo a viverti in altro modo,
ci prepariamo a mangiare, a fiorire,
a sperare.


Trovo geniali gli ultimi versi e.... ,come dice Neruda, prepariamoci a vivere questo 2010 in altro modo, prepariamoci a mangiare, a fiorire e, soprattutto, a sperare!

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maestrocastello.

Lo "steccato"


C'era una volta un ragazzo con un brutto carattere. Suo padre gli diede un sacchetto di chiodi e gli disse di piantarne uno nello steccato del giardino ogni volta che avesse perso la pazienza e litigato con qualcuno. Il primo giorno il ragazzo piantò 37 chiodi nello steccato.
Nelle settimane seguenti, imparò a controllarsi e il numero di chiodi piantati nello steccato diminuì giorno per giorno: aveva scoperto che era molto più facile controllarsi che piantare chiodi.
Finalmente arrivò un giorno in cui il ragazzo non piantò alcun chiodo nello steccato.
Allora andò dal padre e gli disse che per quel giorno non aveva piantato alcun chiodo.
Il padre allora gli disse di levare un chiodo dallo steccato per ogni giorno in cui non aveva perso la pazienza e litigato con qualcuno.
I giorni passarono e finalmente il ragazzo poté dire al padre che aveva levato tutti i chiodi dallo steccato.
Il padre portò il ragazzo davanti allo steccato e gli disse: "Figlio mio, ti sei comportato bene ma guarda quanti buchi ci sono nello steccato"!
Lo steccato non sarà mai più come prima.
Quando litighi con qualcuno e gli dici qualcosa di brutto, gli lasci una ferita come queste.
Puoi piantare un coltello in un uomo, e poi levarlo, ma rimarrà sempre una ferita. Non importa quante volte ti scuserai, la ferita rimarrà.
Una ferita verbale fa male quanto una fisica.
(Anonimo - traduzione dall’inglese di G. Carro).



Chi è povero e debole spiritualmente in genere cerca di vendicarsi, più o meno inconsapevolmente, perchè egli non è capace di perdonare, di capire gli altri e di girare pagina all'istante; ma cercerà di vendicarsi come può, sbarazzandosi del nemico e disseminando chiodi dappertutto.
Ma non si può vincere i cattivi con la cattiveria, i calunniatori con la calunnia, i gelosi con la gelosia, i collerici con la collera ed i violenti con la violenza!.. poichè significa identificarsi con loro.. mettersi al loro livello.. restare nella zona bassa, legarsi all'inconsapevolezza e conseguentemente alla sofferenza. Tutti quei chiodi sono davvero tanti coltelli che piantiamo negli altri ed in noi stessi. Per difendere e diferdersi dalle offese, è necessario non restare nella stessa onda di chi ti ha offeso. Dobbiamo salire di un'ottava, dobbiamo raggiungere la regione dove brilla la nostra Luce, dove nessun pensiero velenoso possa raggiungerci e ferirci...
Per il nuovo anno ? Promettiamoci di non procurar ferite!
Buona vita e Buon Anno !
maestrocastello.

mercoledì 30 dicembre 2009

BUON ANNO 2010 !





"La vita e i sogni sono fogli di uno stesso libro: leggerli in ordine è vivere, sfogliarli a caso è sognare" (A. Schopenhauer).
Fare gli auguri non è altro che accendere in chi li riceve una speranza nel domani.
Auguro a tutti i lettori un anno zeppo di avvenimenti belli e la capacità di considerare quelli brutti, solo come incidenti di percorso o (se volete) come prove di vita che aiutano a crescere.
Buon anno!
maestrocastello.

giovedì 24 dicembre 2009

Buone feste!




In occasione di questo Natale il blog maestrocastello compie un anno di vita. Anche se non continuativamente, ho cercato di condividere emozioni, partecipare problematiche di interesse generale, cercando di evitare, come promesso, coinvolgimenti politici. Nella speranza che la partecipazione sia più ampia, auguro a tutti i lettori buone feste!
maestrocastello

mercoledì 23 dicembre 2009

Aspettando il Natale.



« Io che conosco bene l'idee tue
so' certo che quer pollo che te magni,
se vengo giù, sarà diviso in due:
mezzo a te, mezzo a me...Semo compagni

No, no - rispose er Gatto senza core -
io non divido gnente co' nessuno:
fo er socialista quanno sto a diggiuno,
ma quanno magno so' conservatore
(Trilussa)

L’amore oggi si veste di formalità e consuetudine, di gesti ripetitivi e storie già narrate. C’è bisogno di Natale per smuovere coscienze e costringerci ad un buonismo di maniera? “A Natale bisogna essere più buoni” e poi? Tornare nell’indifferenza di sempre. Tanti si comportano proprio come il gatto di Trilussa: predicano, a digiuno, amore e fratellanza e quando gli capita di papparsi un pollo, si ricordano, improvvisamente, di essere figli unici. Mi ricorda tanto il linguaggio di moda nella politica italiana. Non tutti, però, si comportano in questo stesso modo, ci sono anche i personaggi famosi che, poverini, sono “testimonial di lusso”per un giorno, signore impellicciate che organizzano serate di beneficenza e politici che distribuiscono panettoni ai carcerati; basta che tutto poi si risappia in giro. La cosa più penosa sono i pranzi organizzati per poveri ed anziani, trasmessi puntualmente in televisione; come se questi disgraziati avessero diritto ad un solo pranzo all’anno! E meno male che l’insegnamento evangelico ammoniva: “Quando fai l’elemosina non suonare la tromba davanti a te..” e ancora: “la tua mano destra non sappia cosa fa la la sinistra” . C'è da ricordarsi che l’elemosina nel segreto è il gesto concreto di fare qualcosa di buono per chi non potrebbe procurarsi il necessario con le sue sole forze. Che si delinea così una relazione di fratellanza nonostante la disparità sociale, di fronte a Dio ; un’uguaglianza manifestata nell’aiuto concreto di chi può verso chi non ha. E ricordiamo anche che è Natale tutto un anno! E' Natale ogni volta che facciamo nascere l'amore nei nostri cuori! Auguri!


Buona vita e Buon Natale!
maestrocastello

martedì 22 dicembre 2009


Glitterfy.com - Glitter Gráficos em Português




Tu
che
ne dici
SIGNORE se
in questo Natale
faccio un bell’albero
dentro il mio cuore, e ci
attacco, invece dei regali,
i nomi di tutti i miei amici: gli
amici lontani e gli amici vicini, quelli
vecchi e i nuovi, quelli che vedo ogni gior-
no e quelli che vedo di rado, quelli che ricordo
sempre e quelli a volte dimenticati, quelli costanti
e quelli alterni, quelli che, senza volerlo, ho fatto soffrire
e quelli che, senza volerlo, mi hanno fatto soffrire, quelli che
conosco profondamente e quelli che conosco appena, quelli che mi
devono poco e quelli ai quali devo molto, i miei amici semplici ed i miei
amici importanti, i nomi di tutti quanti sono passati nella mia vita.

Un albero con radici
molto profonde, perché
i loro nomi non escano
mai dal mio cuore; un
albero dai rami molto
grandi, perché i nuovi
nomi venuti da tutto il
mondo si uniscano ai già
esistenti, un albero con
un’ombra molto gradevole
affinché la nostra amicizia,
sia un momento di riposo
durante le lotte della vita



Tratto da "Fantasiando Natale"

lunedì 21 dicembre 2009

LEZIONE DI VITA.


Glitterfy.com - Glitter Gráficos em Português

Qualche tempo fa quando un gelato costava molto meno di oggi, un bambino di dieci anni entrò in un bar e si sedette al tavolino. Una cameriera gli portò un bicchiere d'acqua.
"Quanto costa un sundae?" chiese il bambino.
"Cinquanta centesimi" rispose la cameriera.
Il bambino prese delle monete dalla tasca e cominciò a contarle. "Bene, quanto costa un gelato semplice?".
In quel momento c'erano altre persone che aspettavano e la ragazza cominciava un po' a perdere la pazienza.
"35 centesimi!" gli rispose la ragazza in maniera brusca.
Il bambino contò le monete ancora una volta e disse: "Allora mi porti un gelato semplice!".
La cameriera gli portò il gelato e il conto. Il bambino finì il suo gelato, pagò il conto alla cassa e uscì.
Quando la cameriera tornò al tavolo per pulirlo cominciò a piangere perché lì, ad un angolo del piatto, c'erano 15 centesimi di mancia per lei.
Il bambino non chiese il Sundae per riservare la mancia alla cameriera.
(da Nardo riflessioni)
PER LA RIFLESSIONE
Sono quei piccoli fatti che ci lasciano impietriti, perchè non hanno bisogno di essere spiegati con parole. Se solo, ogni tanto, concedessimo qualche pausa alle quotidiane tensioni, non ci capiterebbe di ricevere proprio da un bimbo una eloquente lezione di vita. Essere bruschi è una reazione che ci viene spontanea, più difficile resta invece sorridere nonostante tutto. Forse è in quest’ultima direzione che dovremmo lavorare maggiormente.
Buona vita!
maestrocastello

domenica 20 dicembre 2009

Tradizioni natalizie




Francia
In Francia Babbo Natale non lascia i suoi regali sotto l'Albero di Natale, ma dentro le scarpe dei bimbi!
Il presepe, chiamato CRECHE è molto popolare.
Si brucia il legno di Natale -- un grande legno che deve ardere durante tutto il giorno di Natale, dopodiché si mangia la "Buche de Noel", una torta al cioccolato che assomiglia ad un legno!
Polonia
Le famiglie polacche celebrano il Natale con un pasto di 12 portate.
Si lascia sempre un po' di spazio in tavola, in caso arrivi un ospite inatteso.
In molte case ancora oggi si mettono dei covoni di grano nei quattro angoli di una stanza, in memoria della stalla dove nacque Gesù Bambino.
Spagna
In Spagna le celebrazioni per il Natale iniziano l'8 Dicembre con l'Immacolata Concezione.
I presepi sono chiamati "Nacimientos", e proprio come da noi si preparano all'interno delle case e delle chiese. Le famiglie si riuniscono per cantare i canti tipici di Natale davanti alla scena della Natività.
Si donano vestiti e cibarie ai più poveri per portare fortuna nel nuovo anno.
Il 6 Gennaio i Re Magi (sulla via per Betlemme) portano dei doni ai bambini.
Germania
L'Albero di Natale è originario della Foresta Nera in Germania.
Alcuni dolci tipici del Natale, come il marzapane, sono tipici di questa zona.
Qui si utilizzano moltissimo il Calendario dell'Avvento e la Ghirlanda dell'Avvento per segnare quanti giorni mancano sino al Natale.
I bimbi ricevono i doni da San Nicola (St. Nicholas).
Svezia
In un luogo dove regna il buio per mesi e mesi, il Natale è celebrato con tanta LUCE.
Le celebrazioni del Natale iniziano il 13 Dicembre con la festa di Santa Lucia: una bambina deve indossare un abito bianco e una corona di candele, e deve poi svegliare le famiglie che dormono e mangiare con loro la colazione a base di torta e caffè.
Il pranzo di Natale svedese include tanto maiale arrosto e tanta Torta di Natale.
(da La classe dei balocchi).

Paese che vai, usanza che trovi.

sabato 19 dicembre 2009

Letterine di Natale


Ho scovato sul web pezzi di letterine di Natale di bambini che trovo molto divertenti per originalità e fantasia e le voglio condividere con i lettori del blog, così avremo da farci anche qualche risata; dimenticando per un momento tutto il resto.

"Caro Gesù, la giraffa la volevi proprio così o è stato un incidente?"

"Caro Gesù Bambino, i miei compagni di scuola scrivono tutti a Babbo Natale, ma io non mi fido di quello.
Preferisco te."
Sara

"Caro Gesù, sei davvero invisibile o è solo un trucco?"
Giovanni

"Caro Gesù, Don Mario è un tuo amico oppure lo conosci solo per lavoro?"
Antonio

"Caro Gesù, mi piace tanto il padrenostro. Ti è venuta subito o l'hai dovuta fare tante volte?
Io quello che scrivo lo devo rifare un sacco di volte."
Andrea

"Caro Gesù, come mai non hai inventato nessun nuovo animale negli ultimi tempi?
Abbiamo sempre i soliti
Laura

"Caro Gesù, per favore metti un altro po di vacanza fra Natale e Pasqua.
In mezzo adesso non c'è niente."
Marco

"Caro Gesù bambino, per piacere mandami un cucciolo.
Non ho mai chiesto niente prima, puoi controllare."
Bruno

"Caro Gesù, forse Caino e Abele non si ammazzavano tanto se avessero avuto una stanza per uno.
Con mio fratello funziona."
Lorenzo

"Caro Gesù, a carnevale mi travestirò da diavolo, ciai niente in contrario?"
Michela

"Caro Gesù, tu che vedi tutto mi dici chi mi ha nascosto l'astuccio?"
Marco

"Caro Gesù, mi chiamo Andrea e il mio fisico è basso, magrino, ma non debole. Mio fratello dice che ho una faccia orrenda, ma sono contento perchè così non avrò quelle mogli che stanno sempre tra i piedi a fare pettegolezzi."
Andrea

"Caro gesù, abbiamo studiato che Tommaso Edison ha inventato la luce.
Ma al catechismo dicono che sei stato tu. Per me lui ti ha rubato l'idea."
Daria

"Caro Gesù Bambino, grazie per il fratellino. Ma veramente avevo pregato per un cane."
Gianluca

"Caro Gesù, non credo che ci possa essere un Dio meglio di te.
Bè, volevo solo fartelo sapere ma non è che te lo dico perchè sei Dio."
Valerio

"Caro Gesù, i cattivi ridevano di Noè, stupidino, ti sei fatto un'arca sulla terra asciutta. Ma lui è stato furbo a mettersi con tuo padre, anche io farei così."
Edoardo

"Caro Gesù, lo sai che mi piace proprio come hai fatto la mia fidanzata Simonetta?"
Matteo

"Caro Gesù, invece di far morire le persone e di farne di nuove, perchè non tieni quelle che hai già?"
Marcello

"Caro Gesù, la storia che mi piace di più è quella dove cammini sulle acque.
Te ne sei inventate di belle. La mia seconda preferita è quella dei pani e dei pesci."
Antonella

"Caro Gesù, se tu non facevi estinguere i dinosauri noi non ci avevamo il posto, hai fatto proprio bene."
Maurizio

"Caro Gesù Bambino, non comprare i regali nel negozio sotto casa, la mamma dice che sono dei ladri.
Molto meglio l'iper."
Lucia

mercoledì 16 dicembre 2009

Caro Gesù Bambino,


quest’anno, per la prima volta, a casa nostra abbiamo deciso di non farci regali per il prossimo Natale, data la situazione critica che non ci costringe, è vero, a particolari ristrettezze; ma ci chiama, per una volta, ad uno sforzo di buon senso. Tanto ci vogliamo tutti un gran bene e ce lo dimostriamo aiutandoci durante tutto l’anno, specialmente quando qualcuno di noi attraversa un momento di bisogno. Credo che capirai benissimo, proprio Tu che hai scelto di nascere in condizioni di estremo disagio. Noi non possiamo davvero lamentarci, il problema fosse solo quello dei regali; se pensiamo a quanta povertà affligge questo mondo. Il Natale non dovrebbe servire d’occasione per dimostrare affetto ad amici e parenti e per dare una mano a tanta povera gente? Passi l’ indifferenza difronte al fratello che soffre, ma perché permetti che tanti comuni del bresciano possano pensare ad un’operazione dal nome provocatorio “Natale senza immigrati”? Perché non fai capire loro che emarginando il povero, emarginano lo stesso Cristo ; che la loro idea di identità, a sostegno di politiche non cristiane, puzza di strumentalizzazione e di cattiva interpretazione del Vangelo? Forse sarebbe il caso che ritornassi a nascere nuovamente sulla terra, per scacciare dal tempio quei politici corrotti che si ergono a paladini di quel Cristo che poi non rispettano nei comportamenti quotidiani. Fai capire a certi cristiani che se ti portano “crocifisso” appeso al collo, e poi non fanno opere di misericordia; sono solamente dei cristiani di facciata! Spiega bene ai ricchi che la questione del cammello e della cruna dell’ago è la distanza che intercorre fra loro e la povera gente. Ti prego caldamente di non permettere che il malumore per la politica sfoci in violenza. Illumuna la mente di chi ha il potere di comando che sappia davvero rappresentare e garantire gli interessi di tutti. Le maggioranze cambiano, ma deve rimanere immutato il senso di giustizia sociale che è l’anima di ogni democrazia moderna. Rendici , o bambinello, più tolleranti verso chi ha opinioni diverse, pelle diversa, credo diverso, stile di vita diverso. Non sarebbe male che ricordassi ai più che sei sempre fra noi e Ti trasformi come Batman e che dicessi loro che quando incontrano un barbone, un lavavetri, uno zingaro, un malato, un morto di fame; attenzione! Potrebbero essere la Tua controfigura. Vedi cosa puoi fare. Ora Ti saluto e ci sentiamo a Natale.
maestrocastello.

martedì 15 dicembre 2009

scende la neve lemme, lemme, lemme....


“Scende la neve lemme, lemme, lemme….” recitava una poesiola che mandavamo a memoria quando eravamo piccoli. Ai tempi della mia infanzia, la neve a Sant’agata cadeva abbondante per mesi e mesi. Capitava di andare la sera a letto con il cielo stellato e svegliarsi al mattino con un metro di neve. Si capiva subito che c’era stata la neve dal silenzio ovattato e innaturale della strada, poi arrivava il rumore delle pale che aprivano le vie per poter uscire. In ogni casa, dietro la porta, insieme alla scopa c’era anche una pala; ma qualche volta si doveva uscire dalla finestra perché la neve aveva coperto anche la porta d’entrata! A quel tempo non si ascoltavano i bollettini meteorologici televisivi come avviene oggi. L'unica fonte di questa "scienza del tempo" era custodita nell'annuale almanacco “Barbanera” che ogni anno veniva acquistato, per pochi soldi, dagli anziani del paese che lo consultavano periodicamente e dava loro tranquillità nello svolgere i lavori agricoli. La neve, sempre in abbondanza, ma in silenzio, precipitava sulle vie del paese e sui fili elettrici che troneggiavano sui tetti delle case, i quali non tardavano a lasciarci al buio per moltissimi giorni. La gente diceva: ”Si sono bagnati i fili ! ”. Quando nevicava era sempre per molti giorni, tale da rendere impraticabili tutte le strade del paese. Il sindaco faceva intervenire operai e gente di buona volontà per spalare la neve, creando così dei viottoli che dessero la possibilità ai cittadini di poter attraversare, da un capo all'altro, il paese. All'epoca non vi erano né pale meccaniche, né spartineve dell'Anas, come fortunatamente si hanno oggi. Pertanto chi voleva uscire di casa (senza lamentarsi o dare colpa ad altri), doveva munirsi di pala e aprire il varco per raggiungere la piazza, la chiesa o qualche bottega di generi alimentari. Col passare dei giorni aumentavano i disagi: era un problema recarsi a prendere l'acqua ai fontanini pubblici o portare al forno il pane fatto in casa; inoltre i viveri cominciavano a scarseggiare anche nei negozi. Il vento gelido di tramontana ghiacciava ogni cosa, creando ulteriori disagi a chi non aveva legna per riscaldarsi. Era facilissimo scivolare: se ti andava bene, davi solo una “culata” a terra; altrimenti ti fratturavi un arto inferiore. La scarpa maggiormente adatta sulla neve era lo scarponcino chiodato dalle “centrelle”, ma i meno fortunati adoperavano la "galoscia", scarpa a collo alto, costruita con gomma e tela cerata con tre bottoni laterali che sulla neve andava tantissimo, perché economica; nonostante fosse più fredda di un congelatore. Se la neve rappresentava un problema per gli adulti che vedevano assottigliarsi viveri e legna per riscaldare le case; per noi bambini era un divertimento: eravamo sempre in strada o a fare lo “sciulacchio” (una specie di scivolarella a cavallo di un legno che fungeva da slittino) oppure alla guerra delle palle di neve. Quante volte ritornavo coi vestiti zuppi! E lì erano botte sicure da mia madre e..”questa sera avrai il resto da tuo padre!”. Ma un ricordo dolce lo serbo dentro: mia madre , certe mattine, chiamava in aiuto la nonna per sbloccare, dall’esterno, la porta di casa che era ostruita dalla neve fresca della notte, poi mi caricava sulle spalle e mi portava fino alla scuola elementare, per stradine sommerse letteralmente innevate. A scuola, poi, non riuscivi a scrivere perché ti venivano “i geloni” che trasformavano le dita in autentici salsicciotti. Una volta che rimanemmo isolati a lungo, ricordo che giunsero soccorsi attraverso gli elicotteri che portarono aiuti alle famiglie più povere; ma fu un avvenimento per tutta la popolazione che aveva finalmente un argomento di conversazione, utile a rompere la monotonia di settimane rimasti chiusi in casa. Ho ricordi anche di serate intorno al braciere, di Novene di Natale che chiamavamo “Matutino”, di pranzi di Natale che erano occasione di una buona mangiata collettiva, di calze della Befana colme solo di mandarini, frutta secca, qualche caramella ed anche di carbone per i più cattivi. Strana la vita: allora che ero povero, mi emozionava l’attesa del Natale; ora che avrei i mezzi, mi riesce molto meno!
Buona vita!
maestrocastello.

sabato 12 dicembre 2009

la leggenda del vischio.


Il vecchio mercante si girava e rigirava, senza poter prendere sonno.
Gli affari, quel giorno, erano andati benissimo: comprando a dieci, vendendo a venti, moneta su moneta, aveva fatto un bel mucchietto di denari.
Si levò. Li volle contare. Erano monete passate chissà in quante mani, guadagnate chissà con quanta fatica. Ma quelle mani e quella fatica a lui non dicevano niente.
Il mercante non poteva dormire. Uscì di casa e vide gente che andava da tutte le parti verso lo stesso luogo. Preva che tutti si fossero passati la parola per partecipare a una festa.
Qualche mano si tese verso di lui. Qualche voce si levò: - Fratello, - gli gridarono - non vieni?
Fratello, a lui fratello? Ma che erano questi matti? Lui non aveva fratelli. Era un mercante; e per lui non c'erano che clienti: chi comprava e chi vendeva.
Ma dove andavano?
Si mosse un po' curioso. Si unì a un gruppo di vecchi e di fanciulli.
Fratello! Oh, certo, sarebbe stato anche bello avere tanti fratelli! Ma lui cuore gli sussurrava che non poteva essere loro fratello. Quante volte li aveva ingannati? Comprava a dieci e rivendeva a venti. E rubava sul peso. E piangeva miseria per vender più caro. E speculava sul bisogno dei poveri. E mai la sua mano si apriva per donare.
No, lui non poteva essere fratello a quella povera gente che aveva sempre sfruttata, ingannata, tradita.
Eppure tutti gli camminavano a fianco. Ed era giunto, con loro, davanti alla Grotta di Betlemme. Ora li vedeva entrare e nessuno era a mani vuote; anche i poveri avevano qualcosa. E lui non aveva niente, lui che era ricco.
Entrò nella grotta insieme con gli altri; s'inginocchio insieme agli altri.
- Signore, - esclamò - ho trattato male i miei fratelli. Perdonami.
E proruppe in pianto.
Appoggiato a un albero, davanti alla grotta, il mercante continuò a piangere, e il suo cuore cambiò.
Alla prima luce dell'alba quelle lacrime splendettero come perle, in mezzo a due foglioline.
Era nato il vischio. (tratto da “Racconti di Natale” es. ELLECIDI).
Nel Vangelo di Matteo(Mc 10,17-31) si legge che un uomo andò incontro a Gesù e, gettosi ai suoi piedi, chiese: “Maestro buono, che cosa devo fare per avere la vita eterna?». Gesù gli disse: ” Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non dire falsa testimonianza, non frodare, onora il padre e la madre”. Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza»: Allora Gesù, fissatolo, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca; va’, vendi quello che hai e dàllo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi». Ma egli, rattristatosi per quelle parole, se ne andò afflitto, poiché aveva molti beni. Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto difficilmente coloro che hanno ricchezze entreranno nel regno di Dio!»: I discepoli rimasero stupefatti a queste sue parole; ma Gesù riprese: «Figlioli, com’è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio”. Coraggio, ragazzi, già mi vedo tutto il paradiso popolato di morti di fame, clandestini, zingari, disoccupati, cassaintegrati, barboni, irregolari, profughi e rifugiati, diseredati e figli di mignotta; tutta gente,insomma, che si puzzava di fame in alberghi a dodici stelle e di ricchi?... nemmeno l’ombra! Che goduria!
Buona vita!
maestrocastello

giovedì 10 dicembre 2009

NATALE AL FRONTE



Nel dicembre 1914 inglesi e tedeschi si fronteggiavano dalle trincee separate da una striscia di terra brutta e piatta, divisa al centro da filo spinato.
Di tanto in tanto alcune sagome si avventuravano nella terra di nessuno, ma la maggior parte dei soldati rimanevano nel fango e nell'acqua che stagnavano nelle trincee, intenti solo ad evitare il fuoco dei nemico.
La Vigilia di Natale, l'aria era fredda e piena di nebbia. Improvvisamente alcuni soldati inglesi stupefatti videro delle luci avanzare lungo le trincee nemiche. Poi venne l'incredibile suono di un canto. I soldati tedeschi cantavano Stille Nacht. Quando il canto cessò i soldati inglesi risposero con First Christmas.
Il canto da entrambe le parti durò per un'ora. Poi una voce invitò tutti a superare le linee. Un tedesco con grande coraggio uscì dalla trincea, attraversò la terra di nessuno e scese nella trincea inglese. Altri commilitoni lo seguirono con le mani in tasca per dimostrare che erano disarmati.
«Io sono un sassone e voi degli anglosassoni. Perché mai ci combattiamo?» chiese.
Nell'alba limpida e fredda del giorno di Natale non ci fu nessuna sparatoria. Gli uomini avevano autonomamente stabilito un giorno di pace.
«Uno spirito più forte della guerra era all'opera», commentò un osservatore.
I comandanti di entrambe le parti non approvarono. Sapevano che l'amicizia fra nemici dichiarati avrebbe impedito la guerra. Ma la tregua continuò. Perfino gli uccelli selvatici, che tanto tempo prima occupavano il rumoroso campo di battaglia, ritornarono e furono nutriti dai soldati.
Sarebbero stati salvati 9 milioni di uomini, se quei soldati avessero potuto obbedire al loro desiderio di amicizia e di pace e la tregua non fosse finita subito dopo Natale.
Un soldato inglese, che aveva preso parte a quella memorabile pace natalizia, morì all'età di 85 anni. Fino alla fine dei suoi giorni non poteva sentire Stille Nacht senza che le lacrime gli rigassero le guance. Si ricordava degli amici tedeschi che aveva avuto in quel giorno di Natale e che, per quanto ne sapeva, aveva poi ucciso nei giorni che seguirono.
(tratto da "Nove racconti per nove giorni" Ed. ELLECIDI)


Vi ricordate cosa cantavano gli angeli a Betlemme? "Pace in terra agli uomini di buona volontà". Evidentemente quei soldati erano uomini di buona volontà, a differenza dei loro comandanti o, per dir meglio "mandanti". Si fa la guerra spesso per futili motivi che potrebbero anche trovar soluzione; ma ciò non succede perchè il desiderio di guerra risiede nell'animo dell'uomo. Il sentimento di amicizia dovrebbe prevalere; ma finirebbe il motivo del contendere e non sarebbe vantaggioso per coloro che speculano con "l'industria della morte". Anche quest'anno in molte parti della Terra non c'è vera pace. Le armi continuano a mescolare la loro micidiale canzone di morte alle canzoni natalizie. C'è una soluzione? Basterebbe eliminare dalla nostra vita il concetto di "nemico"; ma la vedo molto dura.
Buona vita!
maestrocastello

mercoledì 9 dicembre 2009

I REGALI NELLO SGABUZZINO

Il postino suonò due volte. Mancavano cinque giorni a Natale. Aveva fra le braccia un grosso pacco avvolto in carta preziosamente disegnata e legato con nastri dorati. «Avanti», disse una voce dall'interno. Il postino entrò. Era una casa malandata: si trovò in una stanza piena d'ombre e di polvere. Seduto in una poltrona c'era un vecchio. «Guardi che stupendo paccone di Natale!» disse allegramente il postino. «Grazie. Lo metta pure per terra», disse il vecchio con la voce più triste che mai. Il postino rimase imbambolato con il grosso pacco in mano. Intuiva benissimo che il pacco era pieno di cose buone e quel vecchio non aveva certo l'aria di spassarsela bene. Allora, perché era così triste? «Ma, signore, non dovrebbe fare un po' di festa a questo magnifico regalo?». «Non posso... Non posso proprio», disse il vecchio con le lacrime agli occhi. E raccontò al postino la storia della figlia che si era sposata nella città vicina ed era diventata ricca. Tutti gli anni gli mandava un pacco, per Natale, con un bigliettino: «Da tua figlia Luisa e marito». Mai un augurio personale, una visita, un invito: «Vieni a passare il Natale con noi». «Venga a vedere», aggiunse il vecchio e si alzò stancamente. Il postino lo seguì fino ad uno sgabuzzino. Il vecchio aprì la porta. «Ma...» fece il postino. Lo sgabuzzino traboccava di regali natalizi. Erano tutti quelli dei Natali precedenti. Intatti, con la loro preziosa carta e i nastri luccicanti. «Ma non li ha neanche aperti!» esclamò il postino allibito. «No», disse mestamente il vecchio. «Non c'è amore dentro».
(tratto da "Testi e storie di Natale).
Lo scambio di regali è una usanza che appartiene da lungo tempo alla nostra società, ma il nostro vivere sociale spesso ha trasformato un elemento di coesione tra individui in un semplice esercizio di consumo. Il regalo è un atto simbolico che presuppone l'esistenza di un legame che si vuol ravvivare attraverso un messaggio infiocchettato. Sarebbe bene regalarsi senza aspettare per forza un'occasione; altrimenti diventa come un rito, un qualcosa da ripetere più per dovere che per iniziativa personale. Spesso regaliamo solo per rispetto della tradizione e non c'è affetto in ciò che regaliamo. Il regalo deve essere sentito; altrimenti è meglio astenersi dai regali, credetemi!
Buona vita!
maestrocastello

domenica 6 dicembre 2009

lu faòne.


In questo periodo che va dall'Immacolata alla fine dell'anno, in tante zone italiane, è tradizione di accendere dei falò.
Mi sono sempre chiesto quale sia il filo che unisce fuoco e religiosità, ossia perché ci sia l’usanza, in tantissime zone della nostra penisola, di accendere fuochi alla vigilia di tante feste religiose. Assumono denominazioni diverse, come : “lu faone” a Castelluccia di Norcia, la “ ‘ndocciata” ad Agnone, “li focaracci” a Cascia, “la fòcara” a Novoli eccetera… Pensate che solo nel Molise che conta settecento paesini, si svolgono altrettanti falò religiosi in ognuno di essi. Questo rito millenario, carico di fascino, trae origine da riti pagani : si accendeva il fuoco, ad esempio, negli antichi riti solstiziali per evocare la potenza del sole, fonte di vita per la terra. Riti di propiziazione e di fecondità nel desiderio tutto umano di fertilità dei campi e di benessere per le comunità. Il fuoco assunse poi una valenza purificatrice: sanava il male e distruggeva ogni influenza negativa. Quando si affermò il Cristianesimo, fece sue queste usanze: al sole venne sostituito il Cristo, simbolo di luce e di purezza. L’usanza era sentita ieri più di oggi, quando invece le grandi manifestazioni legate al fuoco si sono per lo più ridotte a momenti conviviali intorno ai falò (occasione per arrosti di carne sulle braci residue e libagioni di vino) e ad elementi di attrazione turistica, come i falò della notte di mezz’agosto che i ragazzi accendono sulla spiaggia, allo scopo di puro bivacco. Il fuoco mi ha sempre affascinato perchè illumina, scalda ed aggrega come e più del sole. Anche la mia infanzia, ovviamente, è stata riempita da tanti “faoni”, come vengono chiamati anche dalle mie parti, alla vigilia di particolari festività paesane. Come i ragazzi della via Pàl che raccoglievano bottoni, noi ragazzi del ”castello” cominciavamo a procurarci legna già diversi giorni prima del giorno di vigilia e tutto in gran segreto. I piccoli andavano di casa in casa, mentre i più grandicelli battevano le campagne, alla ricerca di ciocchi o di qualunque cosa potesse ardere. La legna raccolta si portava in un nascondiglio fuori paese e si stabilivano turni di guardia, per evitare che quelli di altre zone potessero sottrarla. Il giorno di vigilia, già dal primo pomeriggio, iniziava il via vai di viaggi per trasportare la legna dei nascondigli e si accatastava al centro della piazza “Chiancato”, dove i ragazzi più grandi erigevano la catasta, secondo una regola precisa: sotto la legna più pesante e via via quella più leggera. Intanto si organizzavano delle staffette col compito di spiare quanto stavano facendo le altre zone del paese. Era una vera e propria gara a chi riusciva ad erigere il faone più imponente. Quando la catasta era ultimata si piazzava, proprio in cima, una lunga canna che reggeva un’immaginetta del santo. Se prima sembrava una faccenda dei soli ragazzi, man mano che s’avvicinava il momento di dar fuoco al faone, la piazza si riempiva di gente: le donne erano maggiormente devote; ma anche gli uomini appena tornati dalla campagna uscivano incuriositi dal vociare generale. Il compito di dare inizio al fuoco se lo litigavano fra i grandi ed appena le campane davano il segnale di inizio processione, il ragazzo prescelto accendeva il fuoco, tra gli applausi della gente. Più aumentavano le fiamme e più si alzavano cori di meraviglia delle donne che si facevano il segno della croce. Immediatamente ripartiva la staffetta per spiare gli altri faoni accesi e il commento era sempre quello: “il nostro è il faone più alto di tutti quanti!” ,“A sant’Angelo è giusto la metà!” Quando le fiamme bruciavano l’mmagine del santo, la gente si inginocchiava e gridava: “Evviva sant’Antonie”, oppure :”Evviva la Maronna!”. Tutto qua? Direte. Erano i tempi che la gente era felice anche con poco.
Buona vita!
maestrocastello
(alcune notizie sono tratte da: "lu faone di Agnone").

sabato 5 dicembre 2009

I sogni aiutano a vivere.


"Yamir Youssef viveva al Il Cairo e tutte le notti faceva lo stesso sogno:
sognava un uomo, tutto bagnato, che si toglieva una moneta di bocca e gli diceva:
- Yamir, la tua fortuna è a Teheran. Tu devi partire, e andare a Teheran.
Una settimana, un mese, un anno sempre lo stesso sogno, finalmente Yamir prese il fagottino e partì.
Arrivò a Teheran sull'imbrunire, nello stesso momento in cui nella piazza dove si trovava arrivavano dei briganti.
I briganti rapinarono tutti, lasciarono tre o quattro morti in giro e scapparono.
Quando giunse la polizia c'era solo Yamir, come un fesso, in mezzo alla piazza.
La polizia lo arrestò, lo prese a legnate per tre giorni, gli fece perdere 18 kg, e dopo una settimana arrivò il capitano per interrogarlo.
Yamir gli disse: - è colpa del sogno.
Il capitano lo guardò ridendo e gli disse:
- Yamir! Ma tu non devi credere ai sogni: i sogni sono delle falsità, delle bugie...pensa che io è un anno che sogno un giardino con una meridiana, e dietro la meridiana un pozzo, e dietro il pozzo un cespuglio, e dietro il cespuglio un immenso tesoro. Se avessi creduto a quel sogno sarei partito a cercarlo, invece no: è una gran puttanata, non devi pensarci. Ti vedo molto male: adesso ti faccio curare e poi ritorni a casa.
Infatti, dopo una settimana Yamir, un po' ritemprato tornò a casa.
Andò subito nel suo giardino, e passò la meridiana, passò il pozzo, passò il cespuglio
e trovò il tesoro."
La morale di questa favola orientale? Penso che sia del tutto superfluo che la suggerisca questo blog; piuttosto ci offre lo spunto per qualche riflessione sull’utilità dei sogni. I più si mostrano scettici ad affrontare temi come quello dei sogni che sfuggono alla pura attività del lucido pensiero. Il sogno, infatti, “è un fenomeno legato al sonno ed è caratterizzato dalla percezione di immagini e suoni solo apparentemente reali” (Wikipedia). In una certa fase del sonno che gli studiosi chiamano REM, se si creano certe condizioni ideali, noi siamo inclini a sognare, mettendo in moto un tipo di funzionamento mentale che ha leggi e meccanismi diversi dall’attività di pensiero. Durante il giorno siamo portati ad inibire (cancellare) pensieri dolorosi o ritenuti sgradevoli dall’ educazione ricevuta o dalla nostra morale; pensieri tutti che accantoniamo in una specie di dimenticatoio detto inconscio. Solo di notte, proprio durante lo svolgimento dei nostri sogni, quando si creano le condizioni ideali e ci liberiamo dai freni inibitori, apriamo quella stanza proibita e diamo sfogo alle nostre fantasie più recondite. Una volta svegli ci accorgiamo che ricordiamo a fatica spezzoni di ciò che abbiamo appena sognato, si accavallano fatti, personaggi molto distanti, luoghi, persone non più in vita ecc. Chi è capace di interpretare questi sogni? Ma gli psicoanalisti, attraverso un periodo di analisi, detto “training”: Sigmund Freud capì per primo che” il sogno è la via maestra per esplorare l’inconscio” e proprio con l’interpretazione dei sogni nasce la moderna Psicoanalisi. I sogni possono aiutare a ricostruire alcuni processi intrapsichici più ampi, mettendo in luce aspetti conflittuali o strutturali e possono assumere un ruolo importante nella guida interiore del soggetto per la propria reintegrazione psichica.
Jim Morrison cantava « Sogna perché nel sonno puoi trovare quello che il giorno non ti può dare » , mentre Pedro Solinas poetava:
“Sognare è il mezzo che l'anima ha/ perché non le fugga mai/ ciò che fuggirebbe/ se smettessimo di sognare/ che è realtà ciò che non esiste.”
E ancora dal Web è tutto un coro di voci di filo-sognatori :
-Senza sogni non mi diverto….
-senza sogni non c’è vita….
-senza sogni mi sento vuoto….
-Non riesco a pensare ad un mondo senza sogni….
-Sogno perché non costa niente….
- I sogni sono il pane per la mia fantasia…
Che dire? Forse nel mondo dei sogni perfino uno come Don Chisciotte troverebbe il terreno adatto per combattere battaglie alla sua portata.
Buona vita!
Maestrocastello.