mercoledì 31 dicembre 2008

felicità

C'è un'ape che se posa

su un bottone de rosa:


lo succhia e se ne va...


Tutto sommato, la felicità


è una piccola cosa.


(Trilussa)

Il segreto della vita risiede nelle piccole cose. Lo sanno bene gli insetti, a differenza degli uomini che fanno grandi progetti e nutrono aspettative all'altezza . A guardare troppo lontano, c'è il rischio di procurarsi problemi alla vista. Ritmi sempre più veloci della vita impongono fretta di arrivare e spesso non ci portano da nessuna parte. Se solo ci fermassimo un momento a verificare se siamo ancora connessi al reale! Forse in una di queste pause potremmo accorgerci che stiamo rovistando altrove e la soluzione di tutto era proprio davanti ai nostri occhi, in un mondo fatto di quelle piccole cose che sono sempre alla nostra portata. Auguriamoci per il prossimo anno di acquisire la filosofia di vita dell'ape e sarà un anno felice!

lunedì 29 dicembre 2008

22 luglio. L'uomo bambino.


In un pomeriggio avanzato, quando siamo ormai in pochi irriducibili a godere dei residui sprazzi di un sole fin troppo generoso; vedo condurre in mare un giovane- bambino, dall’età imprecisata. Il suo approccio con il mare mi cattura totalmente l’attenzione. Dapprima urla come impaurito dalle onde e poi subito si quieta, perché imbeccato da due adulti che non lo perdono mai di vista. Man mano egli prende sempre più confidenza con l’acqua e nuota come un delfino libero nel suo mare; poi si ferma e balbetta qualcosa di imprecisato e riprende subito a nuotare con più lena.
Mi affascina quell’uomo-bambino che parla col mare in un contesto che gli permette forse di sputare finalmente la sua rabbia per essere nato diverso!
Quante volte gridiamo noi stessi tutta la rabbia nel mare della nostra solitudine e il nostro grido è coperto dal frastuono dei marosi della vita, in un oceano troppo vasto, in cui vige la legge di sopravvivenza: pesce grande mangia sempre il piccolo. Ma chi è più piccino di noi?
Quando decidiamo di andare, il pomeriggio s’è fatto ormai sera e mentre mi allontano, non perdo con lo sguardo le forsennate bracciate di quell’uomo-bambino. Immagino che nuoti in continuazione, magari anche di notte. E mi chiedo come si comporti di notte: continua a gridare e sussurrare o tace?
Magari, di notte, fa anche l’amore col mare!
Sicuramente gode l’infinita libertà delle sue notti e si placa. E’ con questa speranza che lancio l’ultimissimo sguardo, quella stessa speranza con cui dovremmo osservare anche la vita di tutti gli altri.

tratto da "Chiuso per ferie" monografia di G.Castello (1996).

domenica 28 dicembre 2008

Lettera dal carcere a Munnever. 1942




Il più bello dei mari


è quello che non navigammo.


Il più bello dei nostri figli


non è ancora cresciuto.


I più belli dei nostri giorni


non li abbiamo ancora vissuti.


E quello


che vorrei dirti di più bello


non te l’ho ancora detto.
Nazim Hikmet

La lettera a sua moglie Munnever è la poesia d’amore a noi maggiormente nota di Hikmet, uno dei più grandi poeti del ventesimo secolo. Nasce in Turchia nel 1902; la passione per la poesia la eredita dal nonno e dalla madre. Frequenta l'università a Mosca e tornato in patria viene arrestato, colpevole di collaborare con una rivista di sinistra. Nel 1938 viene condannato a 28 anni di carcere per la sua opposizione al regime turco: le sue poesie, i suoi articoli, i suoi libri sono considerati un incitamento alla rivolta. Nel 1949, a Parigi, una commissione internazionale della quale fanno parte, tra gli altri, Pablo Picasso, Paul Robeson e Jean Paul Sartre, si batte per la liberazione di Hikmet. Viene successivamente liberato, ma continuerà ad essere perseguitato e perderà addirittura la cittadinanza del suo paese. Muore a Mosca nel giugno del 1963, a causa dell'ennesimo attacco di cuore. Il poeta turco attraverso i suoi versi parla delle vicende personali, del suo Paese, degli ideali in cui crede fermamente e per i quali ha combattuto; la sua vita è un "tuttuno" con la sua poesia. Eppure, nonostante le violenze, le ingiustizie, e le privazioni subite, dai suoi versi traspare una purezza lirica straordinaria, una volontà ferma nel trasmettere i propri ideali e una passione che ritroviamao vibrante nelle sue poesie d'amore di una bellezza sorprendente. E’ uno dei primi poeti turchi ad usare i versi liberi, grazie anche alla passione che sua madre aveva per la poesia di Lamartine e Baudelaire. Avrò certamente modo in questo blog di proporre poesie meno note dell’autore, ma di una originalità unica che sapranno affascinare anche i profani di questa nobile arte.

sabato 27 dicembre 2008

21 luglio. Sogni e sogni.


Credo che voi pure, come me, preferiate i sogni della notte alla realtà difficile del giorno. Nel silenzio del letto ogni respiro è energia che ritorna intatta e dà corpo e vigore al folletto invisibile che ci conduce dove si intravedono luci surreali che proiettano, intermittenti, quella vita del desiderio dove è lecito osare anche più del dovuto. Qui si regalano, sempre a buon mercato, immagini gradite della fantasia che sono precluse nella vita da svegli.
In questo spazio pseudo-reale l’immagine onirica prende per mano la vita reale, fattasi oltremodo crudele e la stempera dalle ansie e la deterge dallo scempio che è divenuto ormai il vivere comune.
Anche da svegli i sogni sono una esaltante battaglia, Sono proprio i sogni fatti sotto i raggi del sole quelli maggiormente eccitanti. Lì, sotto il sole cocente, il mondo si spacca in due parti: quella che mi accoglie dormiente e quella da sveglio che mi vede ugualmente in viaggio; ma con la fantasia! E li vedo anche sotto il sole cocente i serpenti strisciare tra i piedi di personaggi malvagi, vedo cavalli imperiosi al fianco di chi lotta per la fantasia e vedo le aquile volare sulla testa dei generosi.
A modo mio, anche questo è campare.
( nella foto: i mammuttones)
Tratto da "Chiuso per ferie" monografia di g. castello (1996).

mercoledì 24 dicembre 2008

Buon Natale e Buon Anno Nuovo!


Ti auguro
di risolvere
la vita come
un'equazione:
addiziona il piacere
sottrai il dolore
moltiplica il donare
eeeeeee........
dividi l’amore
con chi ti sta più a cuore.
Buon Natale e Buon Anno Nuovo!

lunedì 22 dicembre 2008

Profumi di Sardegna.







15 luglio.


I ricordi del mio primo contatto con l’isola sono legati alla visione surreale del suo paesaggio che mi rapiva in un crescendo di emozioni, man mano che passavo ai fotogrammi successivi: distese di verdi licheni, scorci di mare esilarante e sassi ovunque e dalle forme più inconsuete.
Quello che proprio non riesco a cancellare dalla memoria sono i profumi legati a questa terra, odori forti di mirto, di finocchio selvatico, di terra bruciata dal troppo sole e di armenti perennemente assetati. E che dire degli incendi di cui avevi sentore anche a chilometri di distanza e rendevano acre anche l’aria? Ma l’odorato si esalta in cucina: qui la fragranza, l’intelligenza, la versatilità e la natura esotica di una cucina di contadini e di pastori produce capolavori per palati raffinati.
La fragranza di ingredienti ancora naturali che conservano intatto tutto il loro sapore di un tempo, con metodi di cottura tramandati e religiosamente praticati, partoriscono cibi dai sapori che il palato non riesce sempre a raccontare.
Il solo problema lo rappresenta il profumo maschio di un vino troppo energico per chi non ha dimestichezza col bere!
E che dire poi dei dolci? La pasticceria sarda ti delizia con sapori sempre decisi, a base di mandorle e di miele, di canditi ed uva passita. La fantasia di questa gente sforna dolci dai nomi più inconsueti: aranzada, cozzuleddas, maringosos, papassinos, seadas, sospiri e tant’altro ancora. Il profumo mio preferito lo emana proprio il mare. Mi piace anche il sapore del cacio pecorino ed il profumo che sprigiona la pelle cotta dal sole; ma non disdegno qualche bicchiere di buon vino : un primo per gustare meglio le pietanze di questa signora cucina e tutti gli altri per scordare le tante facce da cazzo che ho lasciato prima di attraversare questo mare!
tratto da " Chiuso per ferie " monografia di g.castello (1996).

sabato 20 dicembre 2008

La "card " dell'Emporio Caritas.



Sono ormai diversi mesi che i media ci tempestano giornalmente di bollettini di guerra sullo stato comatoso della finanza internazionale. A testimoniare che si tratta di crisi vera sono le notizie negative che ci giungono da oltreoceano, dove un colosso mondiale quale quello americano sta peggio di un malato terminale. Nonostante tutte le rassicurazioni, anche in Italia si vedono i segni tangibili di una crisi profonda : le vicende Alitalia che provocheranno sicuramente la perdita di migliaia di posti di lavoro, il governo che (fatto nuovo) è dovuto intervenire per sostenere le banche, molti esercizi commerciali costretti ad abbassare le saracinesche, aziende nazionali quali la Fiat che ha annunciato la cassa integrazione per oltre 40.000 dipendenti. A poco valgono le esortazioni dei politici a spendere per sostenere l’economia del paese quando il potere d’acquisto degli stipendi è sempre più ridotto, causa l’introduzione dell’euro e la stagnazione dei contratti che non coprono mai l’inflazione reale del Paese ; siamo in fondo alla classifica europea, appena prima di Grecia e Portogallo. La conferenza nazionale sulla famiglia fornisce dati agghiaccianti per l’Italia, bizzarro paese, dove tutta la ricchezza è nelle mani del 10% della popolazione. Circa 3 milioni di famiglie sono povere, pari a 7 milioni e mezzo di persone che vivono con appena 5-600 euro al mese; stanno peggio solo barboni, mendicanti e clochard. Il dato più inquietante è l’alto numero dei nuovi poveri, quelli che qualche anno fa avevano una situazione tranquilla e poi il tonfo! Separazioni, mutui non più sostenibili, perdita del posto di lavoro, monoreddito familiare e tante altre sono le cause che fanno di queste persone degli autentici “equilibristi” che devono far spazio solo al necessario, per evitare di precipitare. Il sostegno a queste persone? Solo fiumi di parole nei dibattiti della televisione che servono solo ad “esorcizzare” il problema in modo virtuale e non a cercare di risolverlo realmente. Le contromisure prese dal governo con l’ultima finanziaria hanno partorito un topolino : la social card di 40 euro mensili a sostegno delle persone disagiate. “Non si poteva fare di più” sentenziano i politici. Certo che si potrebbe! Magari sgravando il cittadino delle troppe tasse e facendole pagare a tutti, evitando tanti sprechi, abbassando il numero dei parlamentari e riducendo il loro lauto stipendio e potremmo continuare a lungo. Ma in Italia per lo meno una cosa funziona benissimo ed è il volontariato. E’ così che singoli cittadini, associazioni benefiche ed altri si mobilitano, secondo lo spirito evangelico, per dare sostegno ed assistenza ai più bisognosi. Un esempio è la nascita al Ponte Casilino di Roma dell’Emporio Caritas, il supermarket della solidarietà! E’ un presidio sociale, voluto da Caritas e Comune di Roma, con la partecipazione di organizzazioni di volontariato: Comunità di S. Egidio, Circolo S. Pietro, Compagnia di S. Paolo, Associazione Banco Alimentare ed altri. Il supermarket è una struttura che permette alle famiglie indigenti di fare la spesa con una card da 200 euro mensili, in uno spazio attrezzato come vero e proprio supermercato, con tanto di casse automatizzate, carrelli e scaffali pieni di cibo, abbigliamento, materiale scolastico e giocattoli. In un recente servizio televisivo si raccontava di centinaia di persone che, a testa bassa o nascoste dietro buste di plastica, già dal primo mattino si mettono in coda per la sopravvivenza. E fa rabbia sentire al telegiornale i tour operator soddisfatti perché i loro pacchetti di viaggi natalizi sono stati già tutti prenotati. Nonostante la crisi, c’è gente che “s’è sparata” tutta la tredicesima o ha contratto debiti, pur di non rinunciare al viaggio di piacere; addirittura ha prenotato un italiano su sette.
E' così che va la vita : c'é chi non fa che piangere miseria e chi resta muto; noi ammiriamo questi ultimi che pur non avendo un centesimo in tasca, possiedono invece tanta dignità nell'animo!

giovedì 18 dicembre 2008

12 luglio. Voglia di fare un bagno.


Per sfuggire ancora una volta all’orda dei bagnanti domenicali siamo approdati in un mare fatto di soli scogli; un posto sconosciuto ai più e battuto solamente da avventurieri metropolitani quali noi siamo. Mi avventuro, a disagio, tra sassi taglienti, addolciti solamente dal lavorio dell’acqua in cui si specchiano e rimandano un’immagine più fascinosa di sé; tant’è che mi faccio coraggio e cammino tra di essi alla ricerca di uno specchio d’acqua, il più consono al mio imminente scopo: fare assolutamente un bagno! La patina di melma verdastra inganna il mio piede ed avverto subito che una punta maledettamente tagliente mi si è conficcata nell’alluce e ciò smonta il mio desiderio di procedere oltre quel sasso. Mi guardo un po’ intorno per il sopraggiunto imbarazzo; ma presto mi rassicuro che sono proprio da solo e nessuno ha assistito al mio disagio. Decido allora di sedermi adagio sopra un masso che mi sembra liscio, con la speranza che nel frattempo si è fatta quasi ossessione di bagnarmi in qualche modo! In quella posizione da vero imbecille non posso fare a meno di contemplare, ad uno ad uno, tutti quegli iceberg di pietra che in quel punto vomita il mare. Le rocce assumono le forme più strane ed invitano l’immaginazione a riconoscere in esse sagome umane o forme di animali. Spinto da puerile curiosità mi arrampico alla volta della più maestosa vetta circostante e non posso fare a meno di notare le crepe in mezzo ai massi e i vari colori dei sassi nell’acqua che lambisce tutta intera la fiancata. Mentre avanzo, le onde picchiano impetuose su di essa e l’onda successiva sembra fare a gara con quella precedente, come per stabilire una specie di primato ideale. Quando decido di guadagnare la vetta di quel prepuzio che si staglia a mò di fallo gigantesco su quell’ampio tratto di mare; mi accorgo che qualcuno già mi ha preceduto. Un enorme cormorano troneggia proprio in cima allo scoglio, precisamente là dove avrei desiderato essere io. Se ne sta impassibile e se ne fotte altamente di uno scalcagnato come me che si era illuso magari di mettergli paura. Lui sì che domina veramente il mare circostante e la fa da padrone sui pesci che si guardano bene dal passare nei paraggi. Volendo, con una semplice apertura di ali, potrebbe raggiungere quell’ampio tratto di cielo e mare che invece intimidisce me che resto impacciato tra quei sassi; capace nemmeno di fare un bagno appena decente!
tratto da " Chiuso per ferie " monografia di g.castello (1996).

mercoledì 17 dicembre 2008

Sei stato " taggato " in un album.

Avete certamente già sentito questa espressione se anche voi , avendo ricevuto ultimamente un invito di amicizia tramite mail, siete entrati a far parte della grande famiglia di Facebook. Facebook è diventato ormai un vero e proprio fenomeno di massa. Nato nel 2004 dalla mente geniale di alcuni studenti americani, Mark Zuckerberg, Dustin Moskovitz e Chris Hughes, raggruppa oggi la quasi totalità della popolazione universitaria statunitense che lo vede come parte integrante ed imprescindibile della loro vita sociale: su Facebook si organizzano feste, si discute, si creano amicizie e nuovi amori. Altamente interattivo è dotato di un facile sistema per la condivisione di foto, permette di scambiare messaggi e di conoscere nuove persone. Quando si è dentro Facebook, si è a tutti gli effetti all'interno di una vera comunità. La creatura dei tre ingegnosi ragazzi di Harvard è cresciuta oltre ogni previsione, tanto da divenire il più popolare social network che attualmente conta circa 120 milioni di utenti in tutto il mondo. Questa febbre mediatica è scoppiata anche in Italia ed in soli 3 mesi ha contagiato oltre 4 milioni di persone di ogni età. Gli utenti sono soprattutto giovani e giovanissimi, ma anche fasce di età diverse. Il successo si è diffuso grazie al passaparola e tanti italiani ci hanno provato contro ogni ostacolo : si sono ritagliati uno spazio giornaliero, hanno imparato passo passo il suo funzionamento e preso confidenza con termini come: link, post, tag e via discorrendo. Come funziona? Per entrare basta compilare un profilo con qualche dato ed eventuale foto: ci si connette con conoscenti, amici o amici degli amici e il gioco è fatto! Si incontrano così ex compagni di scuola, commilitoni, ex fidanzati, fans, tifosi, ma anche comunità culturali e politiche. Gli esperti discutono sulle motivazioni che ci spingono a comparire su un social network. Le motivazioni naturalmente sono diverse, come la facilità della tecnologia utilizzata, la voglia di incontrare con un semplice “clic” gente che avevi dimenticato, desiderio di visibilità; o semplice divertimento e per giunta non paghi niente per utilizzare un prodotto ad alta tecnologia. Questo mezzo é prezioso per farsi conoscere e trovare lavoro, assistenza, contatti utili. Non a caso Barack Obama ha puntato anche su questo sistema di relazioni nella corsa alla Casa Biaca. Politici italiani come Maria Stella Gelmini, Walter Veltroni, Antonio Di Pietro e tanti altri fanno a gara per trovare uno spazio su Facebook per interagire coi propri sostenitori. Persino il cardinale Sepe, arcivescovo di Napoli, ha aperto il suo profilo per diffondere il Vangelo. Le aziende poi hanno l’opportunità di poter sviluppare una propria presenza su FaceBook per rafforzare il proprio marchio aziendale e crearsi nuove opportunità di business. Ma attenzione ad utilizzare il web in modo assennato. Non pubblicate a cuor leggero notizie, foto, dati troppo personali che potrebbero essere male utilizzati da terzi. E’ recente la sentenza di un Tribunale degli Stati Uniti contro alcuni spammer che sono stati condannati al pagamento di 873 milioni di dollari per danni causati da messaggi spediti senza consenso ad utenti del popolare sito di social-networking. La sentenza costituisce un precedente importante e potrebbe funzionare da deterrente per “chiunque cerchi di violare nuovamente Facebook e abusare dei suoi utenti; ma sappiate che è impossibile fermare i “normali” abusi cui gli utenti di Facebook sono sottoposti ogni giorno. L’invito degli esperti è di fare buon uso di questo sistema mediatico che ci permette di comunicare sempre, con chiunque e in qualsiasi momento; sempre attenti al rischio di rimanerne intrappolati. Se si instauurano troppi contatti inutili, poi è sempre più difficile liberarsene. Passare troppo tempo a vedere se ci sono arrivati messaggi e a scriverne; ci si sfinisce e corriamo il rischio di perdere parte della nostra intimità e sarà sempre più difficile tornare ad una vita normale: come, ad esempio, fare una sana passeggiata!

martedì 16 dicembre 2008

11 luglio 1985 . Il signor Pietro.


Era un soggetto proprio singolare quel vecchio che ci era capitato per dirimpettaio nei primissimi anni di Sardegna. Già allora avrà sfiorato gli ottant’anni, ma aveva la loquela di un ventenne. La sua cultura riferiva esclusivamente di un mondo di pastori che aveva riempito tutta intera la sua vita. L’unica parentesi che lo aveva allontanato dal suo gregge risaliva alla guerra di Abissinia che sarebbe poi diventato il tema fisso di tutti i suoi discorsi.
Il signor Pietro cenava nel tardo pomeriggio e poi attendeva impaziente le ore della sera, quando noi vacanzieri vagavamo lungo le stradine del borgo marinaro di Tanaunella(Budoni), nel tentativo di far due passi prima di guadagnare il letto. Egli prontissimo ci attendeva al varco per invitarci al fresco, davanti alla sua abitazione; e praticamente ci aveva fatti prigionieri per tutta la serata.
La moglie Pasqualina, altro soggetto singolare, dal timbro nasale della voce e dall’intercalare (Miiii! ) che pronunciava spessissimo; ricordava in tutto una capretta. Questa donnetta, in abiti sempre scuri, serviva un vino dolce in bicchierini risicati che chiamava tazze e spesso dava lo spunto a Pietro per attaccar discorso. “ Eravamo nel millenovecentotrentacinque… “ attaccava e nei suoi racconti non trascurava mai nulla; ricordava particolari da paura e intanto un sigaro, quasi sempre spento, trovava posto fisso tra le sue labbra. Si concedeva qualche pausa solo per sputazzare a destra e a manca, senza alcun ritegno e noi evitavamo di guardarci, timorosi di esplodere in irrefrenabili risate.
Non c’era modo di trovare spazio in quei racconti; era capace di tirare avanti da solo per tutta la serata coi suoi trascorsi. A volte avevamo la netta sensazione che riferisse balle; ma lo faceva con tale zelo e con dovizia di particolari che ci procurava comunque divertimento.
Gli piaceva essere ascoltato : più cresceva la platea e più cresceva il suo impegno a tener banco.
Sulle prime sembrava pure originale quel modo inusuale di passar serate, seduti su sediole troppo basse, a cui, chissà perchè, avevano mozzato le gambe. Mi sembrava di ritornar ragazzo, quando pendevo dalle labbra di mia nonna che ci introduceva nel mondo incantato delle fiabe.
Le sere successive era un’impresa evitare di cadere nella trappola di Pietro che ci attendeva per attaccar comizio.
Quando le nostre assenze si facevano frequenti, lui se la prendeva a male e ci toglieva perfino il saluto. Cresceva in noi il rammarico di averlo abituato male.
Da anni ormai abbiamo intrapreso strade diverse che non vanno più in direzione della sua dimora e ce ne dispiace un po’. Di quel vecchietto abbiamo perso ormai le tracce.
Ci resta comunque il ricordo di fiumi di parole, l’odor di formaggetta, di caffè improvvisati che, nascostamente, gettavamo in giardino e di caramelle che non potevi proprio rifiutare!

O pittoresco Pietro, in una di quelle calde sere, all’ombra di sassi arroventati anche di notte, avrei anch’io voluto raccontarti la mia storia; ma tu non me ne lasciasti mai il tempo, preso com’eri a sparar cazzate!


da "Chiuso per ferie" monografia di g. castello (1996).

lunedì 15 dicembre 2008

" Buttati ch'è morbido! "



Ormai si avvicina la notte di Natale e molti genitori si apprestano ad indossare gli abiti di Babbo Natale per ricreare il momento magico dei doni. Ma quando i bambini smettono di credere a Babbo Natale? Sembra che sia a 9 anni che i bimbi smettano di credere all’esistenza di Babbo Natale; anche se la maggioranza di essi già ad 8 anni fanno domande insistenti ai loro genitori, ricevendo spesso risposte evasive. Ma è giusto continuare a far credere ai propri figli l’esistenza di Babbo Natale e della Befana? Qual è l’età giusta per dire la verità ai nostri bambini? Secondo i pediatri è un segnale di libertà psicologica e affettiva credere a Babbo Natale e alla Befana fino ai 9-10 anni. Molti pensano che credere a queste figure fantastiche sia un segno di immaturità da parte dei piccoli; ma è esattamente il contrario. I bambini in questa fase di crescita credono esattamente a ciò che viene loro proposto nella pubblicità della televisione, nei centri commerciali e in giro per le strade e loro non hanno motivo di dubitare dell’esistenza di due simpatici vecchietti dalla faccia buona e gradevole e per di più disposti ad essere tanto generosi con tutti loro. Il mondo della fantasia è un mondo meraviglioso e senza confini, uno spazio illimitato dove ogni bambino, più o meno cresciuto , si rifugia per sopravvivere alle brutture della vita e può soprattutto divertirsi. Questo mondo è frutto della loro fantasia, della loro vitalità, ma è anche frutto di ciò che ancora di buono rimane in noi adulti. La fantasia fa bene a piccoli e grandi di ogni epoca, è lo stimolo fondamentale per la crescita in ogni fase. Togliere o soltanto limitare la fantasia può significare togliere speranza di vita all’uomo, con il rischio di generare schiere di adulti insicuri ed incapaci di affrontare il domani senza stimoli. Racconta una mamma: “la settimana scorsa con i miei due bimbi di 7 e 9 anni abbiamo preparato le letterine (io ero più emozionata di loro). Ieri, al rientro da scuola, abbiamo scoperto che le letterine non c’erano più. E’ stato troppo bello vederli eccitati perché Babbo Natale è venuto a prendersi le letterine! " I bambini, insomma, hanno bisogno di un loro mondo fantastico per crescere più sereni, più equilibrati e più felici. Non credete che anche noi adulti viviamo di magia quando la realtà intorno ci confonde, ci turba e spaventa? Quando a 9 e 10 anni la mente del bambino inizia a prepararsi a ragionare anche su concetti astratti e sulle idee, allora iniziano a manifestarsi i primi dubbi. “Credere in Babbo Natale e nella Befana rientra in questo percorso dello sviluppo psicologico ed è bene che gli adulti non interferiscano, dicendo troppo presto che non esistono - raccomanda il pediatra - perché creerebbero un trauma al bambino". Non vedo perché voi dobbiate rivelare loro che questo mondo fantastico non esiste; lasciate vivere e crescere in loro i bimbi che fra qualche anno non saranno più e noterete che l'atmosfera magica che voi non avete disilluso continuerà a esistere nei loro sogni, nelle loro speranze, in un mondo che anche solo per un attimo li farà tornare bambini. Mamma e papà non dovranno però nemmeno sostenerne l'esistenza di Babbo Natale e della Befana, quando ormai i bambini hanno una capacità di ragionamento tale che possono capire da soli la verità. Come devono comportarsi allora i genitori? Fino agli 8 anni compiuti possono sostenere l’esistenza di Babbo Natale, da 8 a 9 anni possono continuare a sostenere tale tesi, evitando però di portare prove concrete che minerebbero la fiducia nei genitori, in caso che i piccoli possano scoprire la verità attraverso altre strade (coetanei, adulti o personalmente). Attenti che questa è un’età critica, perché i bambini pur avendo scoperto che Babbo Natale non esiste; vogliono continuare a crederci. A 10 anni compiuti, quando sorgono i primi dubbi, i genitori possono tranquillamente dire la verità. Ma ricordate che ai figli piace continuare certi riti: aspettare l’arrivo dei doni di notte, appendere la calza al camino. In fondo la magia piace a grandi e piccini e anche noi come il bimbo della pubblicità diremmo volentieri a Babbo Natale: “Buttati ch’è morbido! “.

giovedì 11 dicembre 2008

"Non comprate per le prossime festività cotechino e zampone"



Dopo l’ondata della mucca pazza alla fine degli anni ottanta e del virus dell’ influenza aviaria del 2006, è di questi giorni il caso del maiale alla diossina “ all’irlandese”. Non si può mai stare tranquilli! Sembra che possa essere stato un olio contenente della diossina nel mangime per maiali a causare la contaminazione della carne rilevata in dieci allevamenti irlandesi. Le partite di carne suina importate in Italia dall’Irlanda da settembre (quando è scattato l’allarme diossina) sono 89 e solo 42 sono già state individuate e sequestrate. Il governo italiano è fiducioso di sequestrarle tutte; ma intanto sulle feste di Natale piomba come una scure l’allarme del Codacons che avverte : “ Non comprate per le prossime festività cotechino e zampone”, perché preoccupato del pericolo diossina nelle carni di maiale e invita a sostituire tali prodotti con altre carni. Ma siccome tutti i mali non vengono mai da soli, è fresca di giornata la notizia che le autorità irlandesi hanno rilevato diossina anche in alcune mandrie di bovini che hanno mangiato lo stesso mangime contaminato che ha già portato al ritiro dal commercio della carne di maiale. Si dice per tranquillizzare la gente: la carne suina importata dall’Irlanda è appena lo 0,3% del totale delle importazioni di carne di maiale nel nostro paese. Perché l’ennesimo scandalo? Ancora una volta il problema nasce dai mangimi, contaminati da un olio contenente diossina. In pratica, scarti di produzione industriale si sono mischiati con mangimi destinati alla catena alimentare. O almeno questa sembra essere l’unica spiegazione che ha portato a rilevare concentrazioni di diossina 100 volte superiori ai limiti di legge. Il sistema di vigilanza sui mangimi destinati agli allevamenti animali ha dimostrato ancora una volta la sua fragilità, esponendo i consumatori a seri rischi per la salute. Gli esperti in ogni caso rassicurano sui pericoli, visto che l'import di carni dall'Irlanda è minimo. Inoltre i pericoli per la salute umana arrivano con l'esposizione alla sostanza per lungo tempo e in dosi massicce: ovvero mangiare grandi quantita' di carne effettivamente contaminata e per molto tempo. Dopo l'emergenza mucca pazza dal primo gennaio 2002 l'etichetta della carne bovina in vendita in Italia deve obbligatoriamente riportare lo stato di nascita, di allevamento e di macellazione ed è quindi possibile sapere se la fettina acquistata in macelleria è stata ottenuta da un bovino nato, cresciuto e allevato in Italia o se si tratta di un capo nato in Francia, cresciuto e macellato in Italia o ancora se la carne proviene da un animale nato, cresciuto e macellato in Irlanda. E' una misura di trasparenza che consente ai consumatori di fare scelte di acquisto consapevoli, da estendere a tutti gli alimenti. Da quella data é divenuto obbligatorio comunicare ai consumatori, in etichetta o mediante cartellonistica, le seguenti informazioni:
- numero di identificazione dell’animale o del lotto
- paese di nascita
- paese di allevamento
- paese e numero di approvazione del macello
- paese e numero di approvazione laboratorio di sezionamento
Nessuno, invece, si è preoccupato finora di garantire la tracciabilità anche per la carne suina e soltanto ora si propone l’adozione di un’etichettatura ad hoc. Purtroppo c’è voluto un altro scandalo per capire l’importanza di tale proposta, avanzata, in passato, da associazioni di consumatori. Solo adesso, dopo l’emergenza anche organi di governo si propongono di chiedere l’etichettatura di origine anche sulla carne suina. Comunque il Ministero dell’Agricoltura e il Codacons invitano il consumatore a documentarsi e scegliere la carne italiana.

mercoledì 10 dicembre 2008

L'albero della speranza.




A
chi
ama
dormire
ma si sveglia
sempre di buon
umore e chi saluta
ancora con un bacio, a
chi lavora molto e si diverte di
più, a chi va in fretta in auto ma
non suona ai semafori, a chi arriva
in ritardo ma non cerca scuse, a chi spegne
la televisione per fare due chiacchiere, a chi si alza presto
per aiutare un amico, a chi ha l’entusiasmo di un bambino
e pensieri da uomo, a chi vede nero solo quando è buio
A chi non aspetta Natale
per essere
Migliore

BUON NATALE !!!

lunedì 8 dicembre 2008

Un Buonissimo Natale !



I ricordi più belli legati al Natale sono quelli dell’infanzia, vissuti a Sant'Agata di Puglia, un incantevole paesino del Sud che pare proprio un presepe e siamo poco prima degli anni sessanta. La tradizione era legata unicamente al presepio. L’albero di Natale l’avremmo conosciuto più tardi nei films americani della televisione! Il Natale non arrivava mai per caso, ma era lungamente aspettato. Già dai primi del mese di dicembre facevamo alzatacce per recarci alla funzione del mattutino : mi rivedo bambino, troppo poco vestito, per  stradine innevate e ancora buie che camminavo incollato ad un adulto, al richiamo di una campana che ci reclamava alla novena del Natale. In tutte le case si allestiva un presepio con pupazzi strettamente di creta e per lo più rattoppati. Il ricordo più bello è legato alle casette che costruivo assieme a  mio padre muratore. Lui tornava da lavoro nel tardo pomeriggio e, dimentico della stanchezza, tirava fuori scatole di cartone ed insieme progettavamo casette, frantoi, ponticelli, mulini che dovevano servire all'allestimento del  presepio di casa nostra. Ricordo che i canti, le luci e lo stare in mezzo alla mia gente che cantava il "tu scendi dalle stelle" con le lacrime agli occhi,  mi facevano battere forte il cuore. Allora non avevo la consapevolezza della nostra miseria o forse l’avevo ; ma con essa avevo anche la speranza che qualcosa potesse cambiare per gente dal cuore semplice come il nostro. Il pranzo di Natale poi era un’altra bella aspettativa per grandi e piccini : in tempi di magra, almeno il Natale era l'occasione per fare una bella mangiata! E chi può scordare le nostre letterine? Prima era stata un’impresa per procurarci le cinque-dieci lire per acquistare la lettera con la porporina d’oro e d’argento e poi la fatica a scriverci dentro le nostre promesse, stando attenti alle macchie d’inchiostro e alle immancabili sbavature. Ma l’impresa più grande era sempre metterla nascostamente sotto il piatto di mio padre che doveva consumare il primo piatto fingendo prima indifferenza e poi sorpresa. "Caro papà, ti prometto che sarò più buono…. e giù una grossa lacrima dal viso paterno. I nostri regali? Eravamo una numerosa famiglia e un grande regalo era già quel discreto pranzo, almeno a Natale e con cibi messi da parte apposta per l’occasione. Oggi vi sembrerà poco, eppure noi eravamo felici anche di quel poco. Da tempo vivo questa festa con mutato sentimento e vorrei tanto ritrovare quei palpiti del bambino che sono stato. I moderni addobbi, le luci; questa moda dei tanti regali non riesce proprio a toccarmi come riuscivano a farlo le pochezze di un tempo. Il Natale di adesso è legato agli affetti, ai buoni propositi, al pensiero che nutro per quelli che non riescono a sbarcare il lunario, a coloro che lottano per la loro dignità, agli abbandonati in un letto d’ospedale; ai tanti che rischiano il posto di lavoro, a quelli che muoiono sul posto di lavoro, ai ragazzi che rischiano la vita in scuole fuori norma; a coloro che hanno come letto appena un cartone. A tutti costoro dico di cuore :
Un Buonissimo Natale !
maestrocastello

domenica 7 dicembre 2008

Che fare coi bambini rompiscatole?



In questi ultimi anni sono state avanzate proposte di anticipare lo studio della matematica alla scuola materna dai tre ai cinque anni ed alcuni docenti universitari italiani lodano gli sforzi per sviluppare la logica nei piccoli, rendendoli più mnemonici, razionali e abili. È così che oggi piacciono i bambini: attivi e concentrati, adeguati ai nuovi ritmi del mondo tecnologico e globalizzato, capaci di organizzarsi e seguire la pianificazione settimanale già a otto anni. Ma spesso nelle classi ci troviamo a fare i conti con i bambini della poesia di Prevèrt, agitati, confusi e paurosi; piccoli bulli che provano a recitare la parte, distratti, inopportuni, rompiscatole, che s’annoiano in fretta. Bambini che guardano fuori della finestra e si perdono nel rumore della strada. Nella nostra esperienza di educatori questi bambini li abbiamo sempre avuti, l’abbiamo in casa e in classe, ci hanno obbligato a guardarli, a concentrarci su di loro e a capirli, usando tutte le armi possibili: i dispetti, le provocazioni, le bugie . Ci hanno fatto perdere la pazienza, il tempo e il sonno. Bambini da recuperare e riportare a noi con la fantasia e la vivacità di una spiegazione o di un’attività che non credevano. A noi piacciono così, anche se ci litighiamo e ci stancano all’inverosimile.Eppure siamo in pochi a pensarla in questo modo! Nella nostra esperienza educativa questi bambini sono stati lo stimolo ad andare al di là delle convenzioni: per loro e con loro abbiamo dovuto sperimentare nuovi linguaggi, modi e tempi della relazione e dell’apprendimento. Loro sono stati e sono l’imprevisto, la scintilla che stimola il dibattito, il punto di vista scomodo, l’idea che non avevamo preventivato. Alla fine sono risultati di stimolo a noi stessi e al gruppo che ha sperimentato con loro rapporti schietti, veri, conditi di passione, fantasia e complicità. Forse non tutti sanno che dal febbraio 2007 è in commercio anche in Italia un antivirus, già ampiamente sperimentato nigli USA su bambini con sintomi di disattenzione, iperattività ed impulsività : il Ritalin, un metilfenidato analogo delle anfetamine. Finalmente genitori e insegnanti non dovranno più lambiccarsi il cervello per affrontare il disagio di questi bambini. Basteranno poche gocce, assunte dopo i pasti o secondo la modalità stabilita nei centri neuropsichiatrici regionali riconosciuti per l’ADHD (sindrome da deficit dell’attenzione e iperattività) e questi soggetti saranno inoffensivi e mansueti, finalmente seduti, bravi, attenti. Così tutti vivremo felici e contenti. Ma attenzione! leggendo la relazione dell’Associazione per la Ricerca e Prevenzione del Cancro, apprendiamo che il Ritalin è' una vera e propria droga con effetti praticamente uguali a quelli della cocaina e delle anfetamine e con danni alla salute mentale e fisica ancora più gravi. In uno studio della DEA (ente governativo USA) si legge: “All'uso prolungato di metilfenidato sono stati associati episodi psicotici, illusioni paranoiche, allucinazioni e comportamenti anomali, simili alla tipica tossicità delle anfetamine. Sono state riportate gravi conseguenze fisiche e la possibilità di morte”. Anche senza abusi di somministrazione, gli effetti collaterali includono: “cambiamenti di pressione sanguigna, angina pectoris, perdita di peso, psicosi tossica. Durante la fase di astinenza c'è la possibilità di suicidio”. Vi pare giusto impiegare il Ritalin in Italia per una malattia contenitore denominata “sindrome da deficit di attenzione e iperattività” (ADHD), negata come patologia da numerosissimi medici e ricercatori e stigmatizzata da insegnanti, educatori, associazioni di genitori ? Vale davvero la pena mettere a repentaglio la salute fisica e mentale dei nostri bambini per problematiche che appartengono alla sfera relazionale ed educativa? Al di là delle valutazioni politiche che tralasciamo volutamente, riteniamo sia indispensabile evidenziare il netto rifiuto di una logica in cui il farmaco diventa il rimedio di tutti i mali sociali, nei bambini come negli adulti. Chiediamo quindi agli organi competenti di adoperarsi per il blocco immediato di questa commercializzazione e per il consolidamento di politiche che forniscano alle scuole mezzi, risorse e personale, nell’ottica di percorsi educativi basati sulla relazione e non sulla medicalizzazione. Con forza ci sentiamo di dire : Giù le mani dai nostri bambini!

venerdì 5 dicembre 2008

In Classe di J. Prèvert.


L'uccello-lira di Prevèrt

"Due e due quattro, quattro e quattro otto, otto e otto fanno sedici…"
"Ripetete! " dice il maestro
"Due e due quattro, quattro e quattro otto, otto e otto fanno sedici."
Ma ecco l’uccello-lira che passa nel cielo, il bambino lo vede, il bambino l’ascolta, il bambino lo chiama: "Salvami gioca con me uccello! "
Allora l’uccello discende e gioca con il bambino
"Due e due quattro"
Ripetete! dice il maestro
e gioca il bambino e l’uccello gioca con lui…
"Quattro e quattro otto , otto e otto fan sedici e sedici e sedici che fanno? Niente fanno sedici e sedici e soprattutto non fanno trentadue in ogni modo se ne vanno.
E il bambino ha nascosto l’uccello nel suo banco e tutti i bambini ascoltano la sua canzone e tutti i bambini ascoltano la musica e otto e otto a loro volta se ne vanno e quattro e quattro e due e due a loro volta abbandonano il campo e uno e uno non fanno nè uno nè due;
uno a uno egualmente se ne vanno.
E gioca l’uccello-lira e il bambino canta e il professore grida:
"Quando finirete di fare i pagliacci! "
Ma tutti gli altri bambini ascoltano la musica e i muri della classe tranquillamente crollano.
E i vetri diventano sabbia, l’inchiostro ritorna acqua, i banchi ritornano alberi, il gesso ridiventa scoglio, la penna ridiventa uccello.

giovedì 4 dicembre 2008

E' giusto pagare il canone RAI ?



Il bilancio 2008 della Rai si chiuderà con una perdita stimata tra 30-35 milioni di euro. Nasce spontanea la domanda : ci sarà un aumento del canone? Quello del canone è un argomento spinoso ed annoso che si trascina in maniera ambigua. Solo pochi anni addietro anche alcune forze politiche incoraggiavano i cittadini ad evadere tale gabella. L’Italia è il paese che solitamente lascia i problemi in perenne letargo e che permette, come nel caso canone-Rai, che i cittadini non siano tutti uguali di fronte alla legge. La tanto ventilata lotta all’evasione dovrebbe essere una priorità e risolverebbe problemi di sbilancio ed ingiustizie contributive. Ma vi pare giusto che tanti furbi la facciano franca e l’abbonamento Rai venga corrisposto solo da pochi fessi come il sottoscritto? A queste condizioni certamente che è ingiusto pagare il canone Rai! E’ proprio di questi giorni la polemica sull’addebito dell’IVA per la pay-tv. Personalmente credo sia giusto che per ogni vendita di servizi vada corrisposta un’imposta allo Stato ; anche se lascia perlomeno dubbiosi che il governante che ti chiede tale imposta sia contemporaneamente anche un tuo diretto concorrente, in barba al conflitto d’interesse! Ma le ragioni per non pagare il canone sono anche altre. Da qualche mese ho modo di stare maggiormente in casa davanti al televisore e mi sto rendendo conto della bassa qualità dei programmi della televisione pubblica. E non mi si dica che posso sempre cambiare canale : se ho il dovere di pagare il canone, avrò pure il diritto di dire la mia su ciò che mi viene proposto di vedere. Non dico che manchino programmi di cultura e di sano svago; ma ciò che prevale è la superficialità, il cattivo gusto, la parolaccia! Ma vi pare giusto che quotidianamente vi siano trasmissioni che propongono come opinionisti personaggi dell’isola dei famosi, ex veline, mogli di ex calciatori; insomma tutta gente che non ha alcun titolo per esprimere pareri su argomenti tanto delicati. Alla televisione viene purtroppo delegato il compito di educare i nostri ragazzi attraverso programmi che esaltano soltanto la filosofia dell'apparire. L'unica attenzione è lo share del pubblico e così giornalmente ci vengono proposti contenitori zeppi di gossip (pettegolezzi) o di storie di dolore che catturano la curiosità. Penso, comunque, che continuerò ancora a corrispondere il canone, nella speranza che i politici invece di litigare soltanto per occupare spazi di visibilità di questo potente mezzo comunicativo, pensino anche a darci un servizio utile con una televisione pubblica più autonoma e di qualità.

mercoledì 3 dicembre 2008

Le promesse di Obama.





Mentre il mondo festeggia l’elezione del primo presidente afro-americano alla Casa Bianca e si susseguono le notizie sui nomi che comporranno il governo di Barack Obama; ci si interroga su quale sarà l’atteggiamento degli Stati Uniti d’America in politica estera e commerciale, quale cambiamento sarà possibile nelle politiche statunitensi in America Latina. I meno scettici pensano che anche se non ci sarà un radicale cambiamento, l’avvento di Obama possa rappresentare perlomeno una nuova fase nelle relazioni tra le due Americhe. Gli altri invece pensano che ci sarà invece una linea di continuità con l’atteggiamento del passato. In campagna elettorale Obama aveva affermato la necessità di cambiamento nei confronti dell’America Latina, il bisogno di costruire una nuova alleanza per le Americhe. “Abbiamo bisogno di rafforzare la leadership per il futuro. Dopo decenni di pressione dall’alto abbiamo bisogno di una agenda che promuova democrazia, sicurezza e pari opportunità. La mia politica per il continente sarà guidata dal semplice principio secondo cui ciò che è buono per i popoli delle Americhe è buono per gli Stati Uniti”. Le amministrazioni Bush si sono occupate del continente latino-americano solo per coordinare azioni contro il narcotraffico e per l’attuazione di trattati di libero commercio, lasciando il vuoto nelle relazioni politiche. Speriamo soltanto che Obama sia ben consigliato e non lasci fuori dall’alleanza “governi scomodi”, quali Venezuela, Nicaragua, Cuba, Bolivia ed Ecuador. Effettivamente Obama ha dichiarato, in diverse occasioni, di essere intenzionato a riprendere il dialogo col governo venezuelano; a patto che cambi l’atteggiamento antiamericano. La questione delle relazioni con Cuba rappresenta un’altra situazione spinosa : Obama ha annunciato di voler eliminare molte delle restrizioni sui viaggi verso l’isola e sulle rimesse monetarie e di voler chiudere al più presto e in via definitiva il carcere di massima sicurezza di Guantanamo. Il neo eletto presidente ha anche affermato di voler riprendere relazioni diplomatiche dirette con Cuba, anche se sembra ancora lontana la decisione di interrompere definitivamente l’embargo contro l’isola caraibica. I presidenti di Argentina, Bolivia, Cile e Brasile hanno fatto appello al neo presidente Obama per un cambiamento nelle relazioni tra nord e sud America e per la cessazione dell’embargo con Cuba; mentre vi sono state blande reazioni di Messico, Colombia e Perù – paesi rimasti fedeli a Washington – che hanno chiesto immediate rassicurazioni sulla continuazione delle politiche bilaterali commerciali e di sicurezza in corso con la Casa Bianca. Auspichiamo che il vento di libertà che ultimamente sta attraversando diversi paesi del Sudamerica, con l’elezione al potere di donne e uomini di buona volontà, diventi un ciclone che spazzi via le ataviche ingiustizie patite da intere popolazioni .

lunedì 1 dicembre 2008

La vita umana è come un corteo.

Un gradito regalo dalla collega di classe per il mio recente pensionamento è stata l’opera del filosofo Luciano, persiano di nascita e greco di adozione. Dapprima sofista, mercante della parola; ma poi critico con la filosofia, la religione ed ogni forma di dogmatismo che pretendono di imporre verità mai provate. Egli dice che la vita va accettata per quella che è e che solo la morte- e non l’operare dell’uomo- potrà appianare le disuguaglianze sociali che lacerano il mondo, distribuendo quella dose di giustizia e di parità che sulla terra mancano. A tal proposito, nella sua opera “Menippo” così ci presenta la vita degli uomini: “Io ripensavo alla vita umana, che mi pare come una lunga processione. Fortuna è il cerimoniere che ordina e distribuisce gli uffici e le vesti: ti piglia uno che le viene innanzi, lo veste da re, gli mette la tiara in capo, lo circonda di guardie, lo corona d'un diadema; sopra un altro getta una tonacella da servo; a chi da un aspetto bello, a chi uno brutto e ridicolo, perché lo spettacolo dev'essere variato. Spesso nel mezzo della processione muta gli ordini, e fa scambiar vesti a taluni; spoglia Creso, e gli fa prendere abito di servo e di prigioniero; e Meandro, che era vestito da servo, ella lo riveste dei regali paramenti di Policrate, e glieli fa portare per qualche tempo. Finita la processione, ciascuno restituisce gli ornamenti, e si spoglia delle vesti e del corpo: e tutti ritornano come erano prima, l'uno indifferente dall'altro. Alcuni sciocchi quando la Fortuna si presenta a richiedere gli ornamenti, l'hanno a male e se ne sdegnano, come se fossero spogliati di roba loro, e non di roba prestata per poco tempo.”

La signora Adriana e la social card.

Qualche giorno fa telefoniamo alla sognora Adriana, una simpatica ottantenne della Garbatella a Roma. Dopo i soliti convenevoli sullo stato di salute, passa alle notizie più spicce.
- Mi è arrivata una lettera per la social card. Devo fà un sacco de giri per averla! Una persona anziana a falla girà così tanto! Eppoi me sembra de esse tornata al tempo de guera, co la tessera per il pane! Dico io, ma nun potevano mette l'importo della card direttamente sulla pensione? Così tutti devono sapè che so povera. Te pare giusto? La gente cià na dignità! Eppoi devo annà a spenne nei negozi che dicono i governatori. E' tutto un circolo vizioso, magna che del tuo magni! E' tutta na mossa politica pe fasse pubblicità e fà ingrassà l'amici loro. Me dichi poi che cazzo ce faccio co 40 euro? Ce faccio la spesa na vorta e mezza in un mese! Se abbassassero a loro lo stipendio pe ffà campà la povera gente!
Morale della favola, dico io, i morsi della fame li capisce solo chi li prova.